Le ville del Municipio Roma IX

Villa Lazzaroni

villa
villa Lazzaroni


  1. Notizie storiche
  2. Il parco
  3. Le vicende recenti
  4. Descrizione della situazione attuale
  5. Bibliografia

Notizie storiche

La prima testimonianza di un insediamento agricolo nell'area dell'attuale villa è rintracciabile nella mappa CLX del Catasto Gregoriano (1817-18): nel sito dove oggi è presente l'edificio padronale esisteva un manufatto, presumibilmente rustico, caratterizzato da un corpo a "L", con il lato corto superiore in corrispondenza del vicolo vicinale che dava accesso alla "chiusa" (terreno delimitato da recinzioni, muri ecc.) agricola.

L'insediamento appare maggiormente delineato nella Carta della Congregazione del Censo del 1834 (o 1839?) nella quale ricompare la stessa forma a "L" dell'edificio con il relativo vicolo a cui si raccordano alcuni tracciati poderali perpendicolari in direzione delle strade principali circostanti: questa configurazione esplicita un assetto viario che sarà ripreso per la successiva sistemazione a giardino.

Una prima denominazione dell'area compare nella carta von Moltke del 1845-52 dove la chiusa è indicata come "vigna Peromini"; la carta dell'Istituto Geografico Militare del 1900 documenta invece una trasformazione del manufatto con l'aggiunta di un ulteriore corpo di prolungamento a sud, tale da determinare una nuova pianta complessiva ad "S".

La denominazione "Vigna Lazzaroni" compare per la prima volta nella pianta dell'Istituto Cartografico Italiano del 1906.

Dato che la pianta stessa ripropone l'antico corpo a "L", sembra plausibile datare l'acquisizione dell'area e la trasformazione dell'edificio da parte della famiglia Lazzaroni agli ultimi decenni del sec. XIX; purtroppo di essa manca qualsiasi documentazione a causa dell'assenza di notizie nell'archivio Lazzaroni: l'unico riferimento cronologico post-quem, che attesta la proprietà della famiglia, è contenuto in una denuncia di ritrovamenti archeologici, effettuati dal "sig. Hueffer" per conto del "sig. Marchese" Lazzaroni, presentata il 27 maggio 1879 alla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione; in tale documento si parla ancora di "vigna" Lazzaroni avvalorando l'ipotesi che a quella data non erano ancora stati compiuti i lavori di trasformazione della chiusa agricola in villa padronale.

Le vicende della famiglia negli anni tra il 1880 e il 1893 possono giustificare l'investimento di capitali nella ristrutturazione della tenuta agricola ottocentesca, nel tentativo di imitare le ville patrizie dei secoli passati.

I baroni Edgardo e Michele Lazzaroni, finanzieri legati alle vicende della Banca Romana, dotati di spiccato interesse artistico ed antiquariale, rappresentano il punto di riferimento per comprendere i lavori realizzati nell'antica vigna, alla luce di un contesto sociale e culturale ben definito: famiglia di nuove fortune, titolata di baronia motu-proprio di Umberto I dell'aprile 1879, i Lazzaroni risultavano all'epoca proprietari del Palazzo Grimaldi a largo dei Lucchesi e di alcune tenute nell'Agro romano, come quelle di Tor di Quinto e Leprignana.

Un gusto eclettico e autocelebrativo caratterizza gli interventi decorativi commissionati nel palazzo e nella residenza-studio di Tor di Quinto. La realizzazione di una villa "di delizia" era indispensabile per completare l'immagine dei neoaristocratici in cerca di legami, almeno simbolici, con la grande nobiltà romana dei secoli precedenti.

I lavori di ristrutturazione effettuati nella vigna sulla via Appia Nuova si limitano comunque all'ampiamento del casale rustico preesistente, del 1840-50.

L'intervento di riqualificazione dell'edificio è incentrato sulla decorazione del prospetto settentrionale, corrispondente al lato corto del rustico preesistente già utilizzato come punto di arrivo del vecchio vicolo vicinale, e sulla destinazione d'uso del corpo ortogonale proteso ad ovest:

Alcuni caratteri architettonici, come il portico d'accesso aggettante con la terrazza balaustrata o le bugnature angolari di risalto, sono stilemi eclettici riscontrabili in edifici di ville coeve, come Villa Miani (1873-74) o Villa Ada Savoia (1873), elemento di conferma della datazione proposta per gli interventi di Villa Lazzaroni.

Il parco

Il parco, ampio circa 50.000 mq, è una creazione originale dei Lazzaroni, concepito come ricco giardino padronale, seguendo il gusto paesaggistico eclettico tipico della fine del secolo scorso. Si possono ancora riconoscere quattro fontane rustiche, a scogliera di tufo, sistemate nei punti cruciali del sistema viario; due, circolari, coronano gli slarghi prospettici che raccordano i diversi percorsi, altre due abbelliscono, assieme ad alcune aiuole, le aree antistanti il prospetto nobile e il salone dei ricevimenti.

L'accurata selezione delle essenze botaniche andrebbe collegata alle attestate competenze in materia di giardinaggio del barone Michele, chiamato a presiedere importanti commissioni pubbliche come quella nominata nel 1890 per la scelta del Direttore dei giardini comunali.

Entrando da via T. Fortifiocca, alcuni vecchi ulivi testimoniano l'origine agricola della villa; dopo pochi metri un'esedra di allori (Laurus nobilis) circonda un mandorlo (Prunus amigdala) che, nonostante i 130 anni di età ancora produce i frutti. Accanto, il primo di una serie di elementi di impronta esotica scelti probabilmente dallo stesso barone Michele: una Paulownia tomentosa, albero che, come ci informa Mario Brocchi Colonna, Presidente dell'Associazione Italiana Paulownia, è importante dal punto di vista sia alimentare (le parti verdi sono state utilizzate per millenni dai popoli dell'Estremo Oriente come foraggio per diversi tipi di animali) che medicinale, conservando sostanze chimiche antagoniste a diverse infezioni specialmente delle alte vie respiratorie; i grandi e bei fiori che emette la pianta tra aprile e maggio venivano ricercati dai bambini per suggerne il dolce miele (e tra l'altro, è una pianta mellifera di tutto rispetto).

In tutto il parco troviamo poi numerose conifere; pini da pinoli (Pinus pinea), pini di Aleppo (Pinus halepensis), abeti.

pini
Pini a ombrello e palme a villa Lazzaroni

Davanti alla casa del barone incontriamo una araucaria (Araucaria araucaria), che a fine estate matura tre frutti, cosa insolita alla nostra latitudine.

araucaria
La magnifica araucaria

Seguiamo quindi il viale centrale dove, circondato da allori, vive un vecchissimo tasso ad ombrello. Lì vicino una Acacia karoo ha spine che possono raggiungere i 20 cm.

Contnuando la passeggiata, all'altezza di quella che doveva essere la fontana rotonda della villa, troviamo due alberelli di Lagerstroemia, le cui foglie, ovali, diventano alla fine dell'autunno di colore rosso intenso. Proseguendo, ecco l'albero di Giuda (Cercis siliquastrum), e, arrivati infine alle giostre dal lato di via Appia Nuova, un bell'esemplare di Gingko maschio (Gingko biloba); in totale, nella villa sono presenti ben 64 specie diverse.

L'arredo del parco è completato da un manufatto adiacente al portale d'ingresso destinato alla guardiania, sul quale s'appoggia lateralmente un piccolo ninfeo rustico con accesso ad un ambiente sotterraneo.

Se la datazione precisa di questi interventi potrà emergere solo dal rinvenimento di sicure documentazioni, sembra tuttavia plausibile supporre che essi siano stati avviati e portati a compimento, nelle loro linee principali, entro il 1893, anno in cui lo scandalo della Banca Romana travolse la famiglia e, in particolare, il barone Michele che ne era stato l'amministratore.

Le vicende recenti

La proprietà Lazzaroni sembra interrompersi agli inizi del '900.

Le successive vicende della villa ne hanno alterato l'aspetto e le proporzioni.

Villa Lazzaroni venne utilizzata nel 1908 come ricovero per gli orfani del terremoto di Messina a cura dell'Orfanotrofio Pio-Benedettino.

Nella pianta dell'Istituto Geografico De Agostini del 1911, immediatamente adiacente all'area dei nuovi "Depositi Tramways dei Castelli", è visibile la sistemazione del giardino per la parte nord.

Al momento della notifica del vincolo monumentale (D.M. del 2 agosto 1922) risulta di proprietà di un certo Giulio Barluzzi, o, quantomeno, in enfiteusi, poiché nel 1930, nella Deliberazione governatoriale n. 2223, un Michele Lazzaroni è menzionato ancora come intestatario di fornitura d'acqua dell'Aquedotto Felice che viene volturata alla Società Anonima per Edificazioni Stabili (S.P.E.S.).

Le carte dell'Istituto Geografico Militare del 1924 e Marino-Gigli del 1934 mostrano il giardino interamente realizzato, con precisa definizione dell'area padronale: la regolarità determinata dal muro di cinta ad angolo tra la via Appia e il "Deposito Tranvai" e dall'incrocio principale dei viali ortogonali, realizzati sugli antichi tracciati poderali, la centralità prospettica delle fontane, conferiscono alla chiusa un gusto ancora settecentesco, arricchito dalle movenze sinuose dei percorsi minori che inseriscono, insieme alle scelte botaniche di impronta esotica, elementi discreti di quel paesaggismo eclettico in voga alla fine del secolo.

Dopo l'ultima guerra fu acquistata dalla Provincia Italiana dell'Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Maria.

Nella carta dell'Istituto Geografico Militare del 1949 l'edificio padronale presenta un corpo aggiunto allungato ad est che ne determina una pianta cruciforme. Nel 1960-61 furono costruiti un orfanotrofio (poi diventato asilo) e la chiesa, che hanno trasformato la pianta a squadra originale in una croce sproporzionata, infliggendo un colpo mortale alla qualità estetica della parte più pregevole del giardino padronale.

Negli anni successivi i 2 ettari del parco verso nord sono ceduti al Comune mediante una permuta, e viene realizzato un muro divisorio tra le due proprietà che altera l'aspetto della chiusa agricola.

Per circa due anni il giardino restò aperto a una utenza potenziale di 60.000 persone nella situazione in cui si trovava al momento della cessione; l'accesso incontrollato provocò la scomparsa di prati e cespugli e il degrado dei viali. La conseguente risistemazione, durata circa un anno, della fascia pubblica ne ha ulteriormente snaturato il carattere paesaggistico a causa di una serie di sistemazioni: una pista di pattinaggio a rotelle; un circolo con due campi di bocce; giochi per bambini (altalene, castello di tubi, fossa della sabbia, tubi di cemento orizzontali con oblò, serie di parallele a varie altezze) nella parte rimanente.

Negli anni '70 l'ampliamento di via Raffaele de Cesare comporterà l'arretramento del muro di cinta a nord e l'abbattimento di un portale d'ingresso; le manomissioni dell'assetto storico si protraggono fino all'acquisizione totale dell'area da parte del Comune nel 1979, con la ristrutturazione dell'edificio padronale a sede degli uffici della IX Circoscrizione e l'abbattimento del muro divisorio.

Nonostante le modifiche la Villa conserva tuttora gran parte dell'aspetto originario dell'intervento dei Lazzaroni: risulta ancora leggibile la duplicità di utilizzo dell'edificio padronale, con ingresso nobile sui giardini a nord e porticato con "stazzo" antistante a sud, delimitato da edifici rustici (fienile, magazzini e stalle) oggi utilizzati come sede della Polizia Municipale.

porticato Sud
Il porticato a sud

Descrizione della situazione attuale

Dopo l'esproprio l'edificio principale di villa Lazzaroni è stato trasformato nella sede della IX Circoscrizione (ora Municipio Roma IX); la chiesa è stata trasformata nel 1984-1985 in teatro (superficie coperta di 560 mq, per complessivi 3.780 mc) con un finanziamento di 229.321.000 L. da parte della Provincia di Roma; le ex scuderie hanno ospitato fino al 2000 il IX gruppo dei Vigili Urbani (VV.UU.), e oggi accolgono gli uffici degli Assessori del Municipio Roma IX; un edificio ospita il Servizio Giardini, l'asilo ospita una scuola elementare e il XVII distretto scolastico, parte del parco è stato trasformato in parcheggio per 200 posti auto. Sono stati inoltre aggiunti un centro anziani e un bar.

Nel 1994 il giardino è stato ristrutturato; sono state inserite alcune fontane e una tettoia per le moto dei VV.UU., mentre due aree sono state recintate e rese inaccessibili.

Nel marzo 1995 sono stati realizzati sia uno spazio riservato per i cani sia uno spazio giochi dell'ultima generazione, quest'ultimo in un'iniziativa che ha coinvolto gli alunni della scuola media G. Deledda; appena due giorni dopo l'inaugurazione un elemento risultava divelto. Nel maggio 2001 il IX Gruppo dei VV.UU. si è trasferito in via Macedonia, andando ad occupare un piano della succursale dell'Istituto Professionale Duca d'Aosta.

La villa (6,6 ettari) è oggi uno dei pochi spazi di verde attrezzato del Municipio Roma IX, e viene utilizzata da anziani, da comitive di ragazzi e soprattutto da un numero eccezionale di genitori con bambini piccoli. Sia gli spazi verdi che il parco giochi risultano sottodimensionati rispetto al bacino di utenza; è scomparso il manto verde dei prati e i giochi sono spesso danneggiati.

All'inizio del 2003 uno scambio di e-mail tra un cittadino e l'Amministrazione del IX Municipio solleva il problema del degrado, della scarsa manutenzione e della sorveglianza insufficiente nella villa. Giovedì 6 marzo 2003 pomeriggio un nostro sopralluogo ha verificato che i giochi danneggiati sono stati riparati in modo rozzo ma efficace, un secondo spazio giochi è stato aggiunto accanto all'ingresso principale in via Appia Nuova, le siepi sono quasi scomparse, la pulizia era sufficiente, di cani e di Vigili Urbani neanche l'ombra.

Bibliografia


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