Scheda: la via Appia



L'origine fisica della via Appia

Il visitatore più attento si sarà accorto che la via Appia Antica ha una posizione particolare: passa in alto nella Campagna Romana e non in un fondovalle come la via Appia Nuova e come in genere fanno tutte le grandi vie di comunicazione. La via usa come tracciato la colata di Capo di Bove, una colata di lava di 270 mila anni fa che veniva dal Vulcano Laziale (i Colli Albani) e che, fluendo all'interno di un valloncello, è arrivata fino a dove oggi c'è la tomba di Cecilia Metella.

Millenni dopo le colline laterali tra le quali la lava era fluita si sono smottate perché erano di terra ed oggi sono delle vallette (come quella dove passa la via Appia Nuova). Invece la colata di lava - che è leucitite, una selce durissima che fu usata per pavimentare la strada romana - è diventata la dorsale di una collina quasi rettilinea, che arriva dai Colli Albani fino a Roma.

Allora Appio Claudio, per tracciare l'Appia, ha sfruttato proprio la sommità di questa dorsale che nei secoli scorsi era formidabile anche per il panorama che dava sui 2 versanti, perché si mantiene alto e si vedeva tutta la campagna romana oggi invece tra i muraglioni, l'edilizia e tutto questo é un aspetto che non abbiamo più.


Il percorso della via Appia

La via Appia Antica

La via Appia, ad eccezione del tratto fino a Bovillae (l'attuale Frattocchie) che fu semplicemente rettificato, fu costruita ex-novo nel 312 a.C. dal censore Appio Claudio (poi detto il Cieco), celebre anche per aver costruito il primo acquedotto romano; quasi certamente il primo tratto ricalcava il tracciato di una via antichissima che, partendo dall'isola Tiberina e attraversando la valle del Circo Massimo, congiungeva Roma ad Albalonga e agli altri centri dei Colli Albani.

L'obiettivo era di avere una nuova e più grande strada per Capua, il centro importantissimo di collegamento con l'Oriente, con Napoli e con le ricche città prima etrusche e poi della Magna Grecia.

Per arrivare in Campania già c'era quella che noi chiamiamo la via Latina - cioè la via Casilina attuale, quella che percorre la valle del Sacco (una strada di origine preistorica) andando a collegare le città ad una ad una sul percorso, come fa anche oggi: Valmontone, Artena, Colleferro, Anagni, Frosinone, Cassino. Collegava queste città in un percorso quindi a zig-zag di origine spontanea, quindi un percorso molto lungo e tortuoso e non omogeneo; infine era sul fronte, sul teatro di guerra (la seconda guerra sannitica) perché le montagne erano dei Sanniti.

Appio Claudio volle quindi una nuova strada che costeggiasse il versante marittimo, quindi al di qua delle montagne dei Colli Albani, dei Lepini, degli Ausoni, degli Aurunci; più sicura della via Latina e arretrata rispetto al fronte di guerra rispondeva allo stesso tempo alle esigenze militari e alle ragioni economiche di espandere la conquista verso il Mediterraneo.

Ancor più della via Latina, la via Appia Antica è stata un'opera rivoluzionaria dell'ingegneria stradale: fu costruita con lo stesso criterio delle moderne autostrade, cioè con grandi rettifili che puntano direttamente alla meta finale (Capua), e con strade di raccordo che la collegano ai centri importanti lungo il percorso (Velletri, Norma, Priverno ecc.).

La seconda guerra sannitica

Roma, in questo periodo (era il periodo in cui aveva schiacciato i Volsci, aveva conquistato tutte le regioni fino al Circeo, fino a Fondi), era impegnata dalla II guerra sannitica, e si imponeva con prepotenza in Campania. Capua che aveva avuto paura dei Sanniti si era data a Roma per avere protezione; i Sanniti erano infatti la nazione più potente che aveva l'Italia in quel tempo assieme a Roma.

Roma era una nazione giovane, in piena espansione ma anche i popoli sannitici, che occupavano tutto l'arco appenninico, erano giunti a conquistare ad una ad una tutte le città della Magna Grecia: appartenevano a loro la Basilicata, la Calabria col Bruzio, solo Taranto era la città che si manteneva autonoma.

Quindi erano due grandi nazioni nel pieno del loro vigore che si sono scontrate e in questa guerra si è deciso se l'Italia sarebbe stata dei popoli italici (che sono appunto i Sanniti) o sarebbe stata di Roma.

Roma, durante le grandi campagne militari, aveva un governo dittatoriale con il "dictator" (il Console), e questo le diede subito un grande vantaggio rispetto ai Sanniti che invece erano popoli in confederazione e quindi per mettersi d'accordo ci mettevano un sacco di tempo, per riunirsi, per decidere, e questa è stata la loro grande debolezza. Nella II guerra sannitica - che è stata la più lunga, la più aspra e quella decisiva - Roma doveva portare il più rapidamente possibile le sue truppe sul teatro campano, a Capua.

Allora fu realizzata per la prima volta una grande strada artificiale che fosse rapidissima per arrivare in Campania.

Il percorso della via Appia

La rettificazione, il cui tracciato taglia anche terreni assolutamente poco propizi, richiese uno sforzo ingegneristico superiore a quello richiesto dalla stessa via Latina. Per costruire i grandi rettifili gli ingegneri romani traguardavano i punti obbligati di passo; nel primo grande segmento da Roma fino a Terracina è stato fatto un rettifilo unico di circa 90 km, che alternando terrapieni e potentissimi terrazzamenti, scavalcava tutti i valloni dei Colli Albani, superava le pianure pontine; gli ultimi 28 km erano fiancheggiati da un canale di bonifica che consentiva di alternare il tragitto in barca a quello sul carro o a cavallo.

Per rettificare il percorso presso Terracina, l'imperatore Traiano tagliò un ingombrante sperone di roccia che impediva il passaggio lungo il mare obbligando ad una difficile salita montana.


Il percorso della via Latina e della via Appia

Scavalcata la rupe di Terracina la via Appia supera i monti di Fondi e le impervie gole di Itri, scende a Formia e a Minturno, oltrepassa Mondragone, si ricongiunge con la via Latina sul Volturno a Casilinum (l'attuale Capua), per poi arrivare a Capua (oggi S.Maria Capua Vetere). Il percorso è di 132 miglia (195 km), quindi 15 miglia in meno rispetto alla via Latina di quel tempo; si poteva effettuare in cinque-sei giorni di cammino.

Per favorire l'espansione romana verso Sud, la via Appia fu prolungata più volte. Così nel 268 a.C., dopo la vittoria (rimasta famosa per la battaglia degli elefanti) a Benevento su Pirro, il Re dell'Epiro chiamato da Taranto in sua difesa (era il più valente condottiero che il mondo ellenistico potesse mettere in campo a quel tempo), la via Appia fu prolungata di 32 miglia fino a Benevento. Successivamente la strada fu portata a Venosa che era diventata colonia romana, con la disfatta definitiva di Taranto, a Taranto, e infine con la disfatta dei Messapi, cioè i popoli pugliesi, a Brindisi, per un totale di 364 miglia. Finiva il grande itinerario terrestre e prendevano il via quelle rotte marittime che avrebbero reso la strada una grande testata anche per le conquiste orientali.

La via Appia si collegava alle città pur importanti che erano lungo il percorso attraverso delle bretelle: per esempio non passava dentro Velletri, una città importantissima lungo il percorso, ma faceva come oggi l'Autostrada del Sole, che non passa per le città, ma usa svincoli e bretelle. In questo modo la strada aveva una rapidità di percorrenza unica,.

I Romani erano peraltro consapevoli della loro capacità ingegneristica: Plinio il Vecchio accosta l'ostentazione folle delle Piramidi alla vanità delle opere dei Greci, e conclude: "I Romani posero ogni cura in tre cose soprattutto, che furono dai Greci neglette, cioè nell'aprire le strade, nel costruire acquedotti e nel disporre nel sottosuolo le cloache". Solidità, utilità e bellezza: questi i principi delle loro grandi opere di ingegneria civile, quindi una bellezza intesa come utilità sociale e non come semplice contemplazione.

Il ruolo della via Appia

Sin dall'antichità assunse un ruolo particolare, ed è ricordata nel corso dei secoli come "insignis", "nobilissima", "regina viarum", sia per la modernità del tracciato sia perché collegava le regioni più ricche e civili del mondo antico, prima la Campania, poi il Sannio e la Puglia, poi ancora il vicino oriente.

La via Appia conquistò subito una grandissima importanza, non solo militare ma anche commerciale e culturale. Basti come esempio la tomba degli Scipioni, che adesso si trova all'interno delle Mura (le mura imperiali) ma che invece ne era al di fuori (delle mura repubblicane) quando fu costruita; gli Scipioni scelsero questo posto vicino alle mura della Roma repubblicana, in modo che chiunque arrivasse a Roma da Sud vedesse questa grande tomba monumentale sulla destra e capisse chi erano le persone che a quell'epoca dirigevano la politica di Roma. Gli Scipioni eressero la loro tomba appena 20 anni dopo l'inaugurazione della via Appia, e da allora i Romani fecero a gara a costruire lungo di essa perché, dato lo splendore dei monumenti che sorgevano ai suoi lati lungo tutto il percorso, la villa, la tomba, il sepolcro lungo la via erano un motivo di prestigio.

Considerata l'asse principale di tutte le comunicazioni dell'Impero Romano, la via Appia conservò il suo ruolo anche durante il periodo bizantino, perché collegava la vecchia Roma con la nuova Roma che era Costantinopoli.

La costante manutenzione permise alla via Appia Antica di restare efficiente fino al pieno Medioevo, assumendo il ruolo di via di pellegrinaggio sia per la visita alle catacombe, sia di prosecuzione della via Francigena fino a Brindisi, dove i pellegrini si imbarcavano per la Terra Santa; sappiamo che nel VI secolo l'imperatore Teodorico ne riassestava ancora il lastricato. In seguito essa venne abbandonata in favore della via Latina (ormai nota col nome di via Casilina).

Il nome stesso della via è valso in parte a salvare i monumenti che aveva lungo le città attraversate. Voi pensate che l'Appia passa dal Tirreno all'Adriatico, da parte a parte nella penisola; la città o il paese che era attraversato dalla via Appia o che le era vicino ne traeva motivo di grande orgoglio.

I monumenti a volte erano tutelati e se voi avrete occasione di andare lungo le città percorse dalla via Appia, vedrete sempre dentro la piazza principale, vicino al Municipio, nei palazzi nobiliari, i pezzi che vengono dalla via Appia il miliario, il busto architettonico: sono i secoli medioevali e moderni che vogliono affermare la propria appartenenza a questa grande gloria del passato.

Nel '400 Enea Silvio Piccolomini - che poi è diventato Papa Pio II - un giorno che percorreva l'Appia ha visto un contadino che stava rompendo le selci lungo la strada per farsi una casetta, e lui lo redarguì aspramente. La tomba di Cecilia Metella si è miracolosamente salvata perché, quando alla fine del '500 era stato concesso dal Senato di Roma a Ippolito d'Este di demolirla per costruire la villa a Tivoli (quella famosa delle fontane), un conservatore del Campidoglio, Paolo Lancellotti, con un appassionato discorso indusse il Senato a decretare l'interruzione della demolizione quando erano già stati asportati tutti i blocchi della base (infatti lo zoccolo di Cecilia Metella oggi appare privo dei blocchi di travertino).

Chi veniva a Roma voleva entrare lungo la via Appia. Così Papa Sisto IV che mandava le sue truppe contro il Regno di Napoli, aveva fatto sfilare le sue truppe proprio davanti le porte di S. Sebastiano.

Carlo V, quando venne a Roma nel '500, volle entrare proprio dalla via Appia. Lui veniva dal Nord, quindi fece il giro di Roma per entrare da quello che appariva il simbolo dell'ingresso alla città eterna.

All'inizio dell' '800, gli Asburgo, il Re di Napoli, entrarono a Roma sempre per la via Appia. Del resto ai nostri giorni gli americani quando hanno occupato Roma sono entrati con i loro carri armati proprio lungo la via Appia.


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copyright COMITATO PER IL PARCO DELLA CAFFARELLA, 23 luglio 2003