La via Appia Antica nel tratto che costeggia la Caffarella

  1. Il fiume Almone
  2. Il Quo Vadis e il "campus rediculi"
  3. Il sepolcro di Priscilla e la cappella del card. Reginald Pole

Il fiume Almone

Poco più avanti, in corrispondenza del n. 19 una villa incorpora il nucleo in calcestruzzo di un grande sepolcro a dado, detto sepolcro di Orazio benché il poeta fosse sepolto sull'Esquilino; dopo pochi metri si arriva al sacro fiume Almone, identificato dagli antichi Romani con uno spirito divino, in questo caso con il dio Almone, e protagonista di un importante culto di origine orientale, la "Lavatio Matris Deum", che si svolgeva il 27 marzo di ogni anno.

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Subito dopo, un notevole esempio di archeologia industriale è la ex Cartiera Latina, che fino all'ultima guerra utilizzava l'acqua del fiume Almone per l'attività industriale; l'edificio è oggi sede dell'Ente Parco regionale dell'Appia Antica.

Di fronte troviamo il grande nucleo in calcestruzzo di un sepolcro a pilastro, sormontato da una casetta. Il sepolcro è stato attribuito, forse con fondamento, a Geta, fratello di Caracalla, da questi ucciso nel 212 d.C.

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Questo tratto, che nell'antichità era affiancato da magnifici sepolcri, è divenuto nel corso dei secoli il più spoglio di monumenti. Ciò avvenne per due motivi: la breve distanza dalla città, che consentì la spoliazione di marmi e altri materiali pregiati, e l'elevato costo dei materiali da costruzione, che determinò lo smantellamento quasi totale delle costruzioni antiche. Il sepolcro di Geta è sopravvissuto, come d'altra parte la stessa tomba di Cecilia Metella, perché riutilizzato nel Medioevo come posto di vedetta.

sepolcro di Geta
Il sepolcro di Geta

Il Quo Vadis e il "campus rediculi"

All'altezza della chiesa del Domine Quo Vadis, sopra una collinetta sovrastante la Caffarella, sorgeva il campo sacro del dio Redicolo, che tradotto significa "dio del ritorno" (dal verbo redeo); a questo dio si rivolgevano tutti coloro che stavano per affrontare viaggi lunghi e pericolosi, verso luoghi lontani come l'Egitto, la Grecia o l'Oriente; i viaggiatori che tornavano si fermavano a ringraziare il dio del felice esito del viaggio.

La posizione del santuario non era casuale, in primo luogo perché la via Appia Antica era la più importante delle strade romane, in secondo luogo perché da questo punto il viaggiatore poteva dare l'ultimo sguardo alle mura di Roma.

Nel campo sacro vi era anche la tomba di una famosa cornacchia parlante, sepolta al tempo dell'imperatore Tiberio con una grande processione di popolo.

Il dio Redicolo godeva tra l'altro di una fama terribile: una leggenda ricorda come Annibale, dopo la battaglia di Canne, percorse la via Appia Antica arrivando fino alle porte di Roma; qui il dio gli apparve in maniera così spaventosa da indurlo a tornare indietro con tutto l'esercito. Questa leggenda ci fa capire in quale considerazione i Romani tenessero il dio Redicolo. Oggi non conosciamo con precisione la posizione del santuario; tuttavia un errore degli studiosi del settecento fa sì che ancor oggi molti pensino che il tempio del dio Redicolo sia il sepolcro detto anche di Annia Regilla all'interno della Caffarella.

In questo luogo troviamo invece la chiesetta del "Domine quo vadis" (o S. Maria in Palmis), che deve il nome alla leggenda di S. Pietro che, fuggendo da Roma, incontra Cristo e gli chiede, appunto, "Signore, dove vai?".

Ricevendo la famosa risposta "Venio Romam iterum crucifigi" (cioè: "Vengo a Roma per essere nuovamente crocifisso"), S. Pietro capì e tornò a Roma per subire il martirio.

L'antica leggenda, risalente a fonti apocrife del II sec. d.C., è legata nella tradizione popolare alla scoperta di due famose impronte di piedi in una lastra di marmo, attribuite allo stesso Gesù (una copia è conservata nella chiesa, mentre l'originale è custodito nella Basilica di S. Sebastiano); in realtà esse non sono altro che un antico ex voto per il dio Redicolo, in tutto simile agli ex voto che si offrono ancor oggi nei santuari; in questo caso si tratta di orme di piedi, offerte da qualche viaggiatore prima di partire (naturalmente a piedi), oppure al ritorno, in ringraziamento della grazia ricevuta.

Resta il fatto che nel IX secolo venne qui costruita una chiesa in ricordo dell'avvenimento; l'edificio originale però deve essere andato in rovina abbastanza rapidamente, visto che la chiesa attuale fu costruita nel 1620 sotto il pontificato di Clemente VIII. La facciata, invece, fu completamente ricostruita dal cardinale Francesco Barberini nel 1637.

Domine Quo Vadis
La facciata della chiesa del Domine Quo Vadis

Il sepolcro di Priscilla e la cappella del card. Reginald Pole

Quasi di fronte alla chiesa s'intravede, nascosto da una vecchia osteria, il nucleo cementizio privo del rivestimento di un mausoleo; resta lo zoccolo rettangolare sormontato da due tamburi cilindrici, il più alto dei quali ornato da nicchie e sopraelevato da una piccola torre tronca d'eta medievale: si tratta del sepolcro di Priscilla, moglie del potente liberto dell'imperatore Domiziano, Flavio Abascanto. Morta prematuramente la moglie, il marito disperato le innalzò una tomba superba, ornata di tante statue di bronzo che la raffiguravano nelle vesti di divinità femminili o di eroine della mitologia. Il funerale fu descritto dal poeta Stazio.

sepolcro di Priscilla
Il sepolcro di Priscilla

Subito dopo, sempre sul lato sinistro, si incontra l'imbocco di via della Caffarella, che penetra nella valle e sbuca nel quartiere Appio-Latino; nello slargo si trova una piccola cappella coperta con una cupoletta, a pianta circolare come la vicina (e di pochi anni precedente) cappella di S. Giovanni in Oleo; fu costruita intorno al 1536 dal cardinale Reginald Pole, come ringraziamento per essere scampato ad un agguato tesogli in questo punto dai sicari di Enrico VIII re d'Inghilterra; questi, fondatore della religione anglicana, cercava infatti di sopprimere i prelati che gli si erano schierati contro.

cappella di Reginald Pole
Cappella di Reginald Pole

Va notata l'eleganza del paramento: è la tecnica del laterizio policromo (giallo e rosso) che si ispira direttamente ai monumenti romani del II sec. d.C., come ad esempio il vicino sepolcro detto di Annia Regilla. Il paramento è scandito da otto paraste, con capitelli dorici in peperino, mentre le due porte hanno stipiti e architravi in travertino. L'interno contiene un altare ed è decorato da affreschi quasi illeggibili, che dovevano essere di buon livello.

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copyright COMITATO PER IL PARCO DELLA CAFFARELLA 2 agosto 1999