La via Appia Antica da via di Tor Carbone a Casal Rotondo


Il V miglio

I primi 200 metri della via non mostrano grandi monumenti, ma solo piccole presenze archeologiche; subito a destra un'iscrizione ricorda forse la gens Anicia, mentre sinistra è l'epigrafe di un certo C. Acurio.


Epigrafe di C. Acurio

Dallo stesso lato un po' più avanti incontriamo la statua togata di qualche importante personaggio.

statuta togata
Statua al V miglio della via Appia

Qui il basolato della strada ha larghezza 4,10 metri; ii marciapiedi, misurati come la distanza tra il lastricato e la fronte dei sepolcri, sono insolitamente larghi: 4,90 metri; il marciapiede a destra mostra una lastricatura anch'esso, sebbene incompleta.

L'aspetto più evidente delle rimanenze archeologiche di questo tratto è senz'altro rappresentato dalle diverse tipologie di monumenti funerari, eppure oltre ai sepolcri c'erano le ville, le osterie, gli alberghi, una fitta edilizia su entrambi i lati della strada. A questo complesso di edifici è successo lo stesso che accade oggi ai nostri vecchi casali abbandonati nella campagna: dopo un po' crolla il tetto e in capo a 20 anni il casale è ridotto a un rudere informe. Uno scavo accurato sotto la terra potrebbe trovare qualche resto delle fondazioni di questi edifici.

Approfondisci:
l'origine, la storia e il percorso della via Appia

Tra i molti ruderi più o meno conservati spicca a destra l'alto nucleo in calcestruzzo di un sepolcro a torre, al quale sono stati rubati i blocchi di materiale nobile, le sculture, i fregi, le iscrizioni che celebravano il personaggio che qui aveva la sua sepoltura. Privo di valore come un torsolo di mela rimane al suo posto, rivelando l'impronta del rivestimento. Il calcestruzzo è fatto a strati, perché l'architetto preparava prima una cassaforma con il primo filare di blocchi della cornice esterna, poi colava all'interno il calcestruzzo, poi aspettava che si solidificava e quindi alzava il secondo ordine di blocchi, e così man mano veniva alzato il monumento. Il rivestimento era di blocchi di tufo, travertino o marmo, accompagnati da cornici, sculture, pitture di cui oggi non rimane più nulla, a parte questi pezzi abbandonati sul terreno. Ecco infatti alla base un'epigrafe che ricorda i nomi di tre liberti ebrei, Baricha, Zabda e Achiba, della famiglia di M. Valerio.


Sepolcro a torre

Poco più avanti c'è l'epigrafe di un tal Tito FIDICLANIVS Apella, e accanto un ritratto di defunti che faceva parte di un monumento funerario; è il pezzo originale, così rovinato da non correre il rischio di essere trafugato e quindi è stato lasciato sul posto.

Se pensiamo a quanto doveva costare portare i blocchi di travertino da Tivoli fino a qui, con le strade di allora, con l'intralcio del traffico, se pensiamo alla difficoltà di tagliare i blocchi, comprendiamo che la tomba a mausoleo era un'opera che si faceva normalmente ma era faticosa e costosa. Nel II sec. a.C. cominciano a diffondersi le tombe in calcestruzzo mentre nel II sec. d.C., al tempo di Traiano, di Adriano, si imporranno i sepolcri come questi sul lato opposto, che dovevano essere del consueto tipo a tempietto in laterizio policromo con due camere sovrapposte.

Approfondisci:
l'architettura funeraria romana

Come erano fatte queste tombe? Sono tombe che imitano il tempio, e non sono meno eleganti, meno belle di quelle di forma tradizionale; il primo sepolcro ha le due pareti laterali sporgenti, e la facciata doveva alloggiare delle colonne, forse laterizie, che essendo l'elemento più debole con il tempo sono cadute; per questo oggi non vediamo la facciata, bensì l'interno del pronao e il retro, ben conservato, con le cornici e le finestrelle in cotto.


Un sepolcro a tempietto del II sec. d.C., con lapide

Queste tombe in laterizio hanno sempre la camera funeraria seminterrata, illuminata con delle finestrine, dove si mettevano i sarcofagi o le urne cinerarie che accoglievano i morti. Il piano superiore, che ci appare come un piano terra coperto con la tecnica della volta a crociera e mostra vari rifacimenti medievali, era il luogo delle cerimonie funebri nelle quali i parenti e gli amici, pur considerando il morto come uno spirito, venivano qui ad onorarlo, sentendolo legato alla vita.

Mentre noi ci limitiamo a portare i fiori ai nostri morti al cimitero, gli antichi, in questa sala superiore sistemata con i letti attorno alle murature, facevano un vero banchetto, si sdraiavano, brindavano, chiacchieravano, ricordavano il defunto pensando che partecipasse. Il contatto fra la vita e la morte era una cosa normale, uno poteva benissimo costruirsi il sepolcro nell'orto di casa e la sera i nipotini, prima di andare a dormire, salutavano la tomba del nonno.

Approfondisci:
il rapporto dei Romani con la morte

Poi la tomba poteva alzarsi per essere più monumentale e spiccare nel paesaggio; sulla fronte potevano esserci sculture, il ritratto o la statua dei defunti. Queste sono anche tombe eleganti, con le cornici e i capitelli in cotto, persino le finestrine in basso hanno le loro cornicette; adesso sono accecate e in gran parte di restauro, eppure in alcuni punti ci sono ancora i dentelli e le cornici originarie.

La lapide che spunta sulla destra del sepolcro non è la tomba di un cane, bensì un segnale posto dalla Soprintendenza Archeologica di Roma per ricordare il restauro del 1999.

Il secondo sepolcro è leggermente arretrato rispetto al primo, perché doveva lasciare uno spazio per altri sepolcri. Ha nella parte più bassa delle finestrine che illuminare la camera funeraria sotterranea, mentre al di sopra avvenivano i banchetti funebri.

A differenza della tomba precedente, questa è stata occupata da una torre medioevale, come si riconosce dalla tipica tecnica dei tufelli parallelepipedi: siccome la tomba si conservava bene, nel medioevo hanno pensato di riutilizzarla come torre: la facciata che era caduta è stata restaurata e la camera funeraria è stata allargata inglobando il pronao (dove erano le colonne).

Approfondisci:
le torri medievali

Una strada di grande percorrenza come la via Appia poteva costituire nel medioevo una facile via di penetrazione per i nemici di Roma. Questo creava una grossa ansia nei cittadini, soprattutto dopo la metà del IX secolo, quando i Saraceni erano arrivati fino a S. Pietro. Così tutto intorno a Roma, lungo questa come le altre vie consolari, si sfruttarono le costruzioni preesistenti per realizzare una rete di punti di fortificazione e di torri di avvistamento che consentissero di dare in pochissimo tempo il segnale di pericolo.

Anche qui, la lapide che spunta dal terreno sulla destra del sepolcro è il segnale posto dalla Soprintendenza Archeologica di Roma per ricordare il restauro del 1999.


Un sepolcro a tempietto del II sec. d.C. rifatto nel medioevo, con lapide

Approfondisci:
l'architettura funeraria romana

A destra due nuclei in calcestruzzo appartenevano a due sepolcri a pilastro.


Due nuclei a torre sulla destra della via Appia

Qui le iscrizioni ci svelano anche particolari di vita quotidiana, oppure contengono degli errori interessanti che ci attestano come il Latino ciceroniano, quello che abbiamo studiato a scuola, era differente da quello di uso comune e non per niente avrebbe portato alle lingue neolatine. Ad esempio, in questa epigrafe a destra troviamo:

LARELLIO GABRAI.L
DIOPHANTO
TITINIAI NOBILI
UXSORI

che ricorda Lucio Aurelio Diophanto, liberto di un certo Glabra, e sua moglie Titinia. C'è scritto TITINIAI" anziché "TITINIAE", forse perché il dittongo era pronunciato come è scritto, e con la "e" che era abbastanza chiusa (tant'è che sopravvive da sola nella lingua italiana).

Subito dopo incontriamo un mausoleo formato da un cilindro su basamento quadrangolare, che in origine doveva naturalmente essere rivestito di blocchi. In genere queste tombe sopra il cilindro hanno un monte di terra a forma di cono rovesciato dove si piantavano cipressi o altra vegetazione. Nel medioevo hanno tolto dal cilindro la terra che doveva sostenere il cono, lasciando la torre il cui ingresso è sul lato opposto alla strada.


Mausoleo rotondo su basamento quadrangolare

Segue a sinistra il nucleo di un sepolcro a cuspide e un colombario un po' più grande di quelli precedenti. Si vede il piano superiore, privo di nicchie e coperto con una volta a botte, mentre il piano inferiore è quasi del tutto otturato; il paramento è in laterizio, che fa pensare alla tipologia di età antonino - severiana con alto podio e camera sotterranea per l'alloggiamento dei sarcofagi.

Approfondisci:
l'architettura funeraria romana

Approfondisci:
la sistemazione ottocentesca della via Appia

A terra sono frammenti di peperino probabilmente pertinenti ad un recinto funerario, un modo per proteggere e indicare una sepoltura. I sepolcri avevano infatti una collocazione giuridica ben precisa tra i luoghi sacri, e una speciale tutela vietava che venissero violati.

La via Appia, come le strade consolari romane, era sotto la tutela di un curator, un responsabile alla manutenzione e alla sicurezza.

Approfondisci:
l'organizzazione stradale romana

Abbiamo raggiunto, sul lato destro della via Appia, il primo di tre tumuli circolari dalla forma arcaica a cono, attribuito ai fratelli Curiazi; dal lato opposto, di fronte al tumulo dei Curiazi, una stradina porta a via Appia Pignatelli.

Accanto alla stradina troviamo un pezzo di macina asinaria; si tratta della "meta", cioè il blocco a forma di cono fissato al pavimento, sopra e intorno al quale ruotava un altro blocco cavo. Il nome deriva dalla somiglianza con le mete del circo, attorno alle quali ruotavano i carri in corsa.

schema della macina asinaria
Schema della macina asinaria


I mausolei degli Orazi e dei Curiazi

le Fossae Cluiliae (foto di Omero Chiovelli)
La via Appia alle Fossae Cluiliae (foto di Omero Chiovelli)

Siamo arrivati in un punto particolare della via Appia, che pur essendo da Cecilia Metella fino a Terracina un rettifilo di 90 km, fa qui una lievissima curva che poi si riallinea. Siamo al V miglio della via, dove vengono ricordate le Fossae Cluiliae; non sappiamo esattamente cosa fossero, chi dice delle fortificazioni e chi delle opere di bonifica dell'Ager Romanus, comunque erano una fossa che andava trasversalmente alla via Appia da qui fino alla Via Latina, sbarrando la pianura in questa zona

Approfondisci:
l'aspetto di una strada romana

Un'antica leggenda narra che al tempo di Tullo Ostilio (il terzo Re di Roma) Roma entrò in conflitto con Albalonga, la cittą "madre" dalla quale Roma era nata attraverso Romolo e Remo, e i due eserciti si affrontarono proprio qui, alle Fossae Cluiliae, che segnano l'antico confine tra i due Stati. Per scongiurare l'empietà di un massacro tra due popoli dello stesso sangue come i Romani e gli Albani, il Re di Roma e il Dittatore di Albalonga allestirono un duello fra 3 Romani e 3 Albani: i famosi fratelli Orazi e Curiazi.

Schierati gli eserciti ai due lati di un campo, i sei si affrontano e i Curiazi uccidono due Orazi romani. I tre Curiazi vincitori restano però feriti; l'Orazio superstite, pur nel pieno del suo vigore, sa che non riuscirebbe ad affrontare i tre avversari contemporaneamente, e finge di fuggire verso Roma inseguito dai tre Curiazi che, correndo, si distanziano. Allora l'Orazio si ferma e affrontando il più vicino lo uccide e poi continua a fuggire fino ad ammazzarli tutti e tre: in questo modo i Romani hanno vinto il duello.

In età augustea ancora si ricordava questo episodio avvenuto al V miglio della via Appia; le tombe degli Orazi e dei Curiazi erano identificate proprio nei tumuli circolari che si vedono qui, ed erano probabilmente visitate con un misto di curiosità e devozione.

La tomba a destra intanto non è arcaica ma tardo repubblicana, simile sebbene più piccola al Mausoleo di Augusto; ha lo zoccolo circolare che appena si riconosce, il nucleo in calcestruzzo (il calcestruzzo si diffonde nel II sec. a.C.), un gran tumulo di terra e la torretta in alto, che non è medioevale ma antica, e porta direttamente alla camera funeraria in basso; evidentemente il tamburo era più alto di come appare oggi e il cono arrivava a coprire interamente la torretta.

tumulo dei Curiazi (foto di Omero Chiovelli)
Il tumulo dei Curiazi (foto di Omero Chiovelli)

100 metri più avanti, sempre sulla destra, ci sarebbero i Tumuli degli Orazi, anche essi legati alla tradizione del leggendario scontro; non sono tombe particolarmente monumentali, e sicuramente non sono arcaiche perchè una ha la cornice di base in travertino e l'altra in peperino, pietre che si diffondono a partire dal II-III sec. a.C.; risalgono piuttosto all'ultimissima fase repubblicana. Un tumulo è interamente di terra, l'altro ha invece lo scheletro a raggiera in calcestruzzo per contenere meglio la terra e ridurre la spinta sul tamburo; anche il Mausoleo di Augusto è fatto così.


I tumuli degli Orazi

Incuriositi dalla leggenda, gli archeologi dell'inizio del secolo scorso hanno esplorato questi mausolei per vedere se nascondevano una tomba arcaica. Hanno però trovato solo un'urna vuota, quindi l'edificio non è una tomba bensì un cenotafio, una costruzione commemorativa priva del morto: un fatto insolito anche se non rarissimo. Secondo una recente ipotesi, furono costruiti o restaurati in età augustea come "memoria" di questa tradizione del V miglio; in effetti il racconto degli Orazi e dei Curiazi è riportato da Tito Livio, autore di età augustea, e questo sembra coerente con la politica di Augusto di valorizzare le tradizioni, di rivitalizzare gli antichi culti, di restaurare gli antichi templi, proprio per riaffermare la romanità contro politiche del tipo di quella di Antonio, visto come il corruttore che introduce culti e costumi orientali

E' comunque un fatto che la deviazione della via Appia in questo punto appare senza motivo, ed è plausibile che volesse rispettare il luogo "sacro", antico e primitivo, che ricordava un antico confine dello Stato romano; conosciamo infatti anche altri santuari, tra il V e il VII miglio delle strade consolari, che segnano il confine dello Stato romano al tempo dei Re. Gli antichi, non avendo dogane, collocavano i santuari con divinità ritenute ben più potenti, e affidavano a loro il controllo di chi entrava dentro lo Stato. Valicare un confine in armi era un atto irreparabile rispetto alle leggi dello Stato e soprattutto della religione.

Approfondisci:
la cerimonia della "evocatio"

Quando Roma si espanderà questi confini verranno mano a mano dilatati: Cesare si porrà il problema di valicare il confine sacro dello Stato Romano al Rubicone, vicino Rimini.

Nel campo qui dietro esiste un grande recinto in opera quadrata che è un grande ustrino, cioè un recinto dove si bruciavano i cadaveri per incenerirli; gli eruditi dei secoli scorsi lo credevano il campo dello scontro.


Adesso se vuoi puoi tornare ai monumenti del quarto miglio della via Appia Antica.

Oppure puoi proseguire la visita con la villa dei Quintili.


Per commenti e osservazioni potete contattarci via e-mail c/o:
caffarella@romacivica.net

Per tornare alla home page:
Home delle Pagine di Mario Leigheb: Notizie sul Municipio Roma IX, Caffarella, Appia Antica e Tang. Est


copyright COMITATO PER IL PARCO DELLA CAFFARELLA 5 agosto 2001