La via Appia Antica fino a Bovillae


Il VI miglio

Lasciato dietro di noi il grande mausoleo di Casal Rotondo, abbiamo raggiunto il luogo in cui era collocata la colonnina del VI miglio della via Appia. Prima della ferrovia vediamo a sinistra il nucleo in calcestruzzo di un piccolo sepolcro a dado, dal quale è stato asportato il rivestimento.

Ora la via Appia scavalca la ferrovia Roma - Napoli, il cui tracciato corrisponde ad una strada romana che doveva partire dalla via Salaria (all'altezza della città di Antemnae o della città di Fidenae) e, come una bretella autostradale, collegava prima la via Latina (all'altezza di via del Quadraro) e poi raggiungeva qui la via Appia, per dirigersi verso Satrico (che era non lontano da Cisterna di Latina).

Attraversata via di Casal Rotondo, il tratto della via Appia fino al Grande Raccordo Anulare era anch'esso, nonostante la distanza da Roma, ricco di sepolcri, dei quali riconosciamo i grandi blocchi di peperino del rivestimento. Sulla sinistra c'era una volta un pezzo di marmo che ricordava un Sergio Svezio; troviamo invece un'epigrafe con scritto:

L P L DEMETR
EIBERTVS E
OR PATRON

iscrizione di Lucio Demetrio
Iscrizione di Lucio Demetrio

Di fronte un alto mausoleo ingloba un arco di peperino, che doveva contenere la statua del defunto; l'incasso nel calcestruzzo sopra la porta accoglieva l'epigrafe con il suo nome.


Sepolcro ad arco (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

Approfondisci:
l'architettura funeraria romana

Proseguendo incontriamo prima a sinistra e poi a destra i nuclei in calcestruzzo e scaglie di selce di mausolei a dado, poi ancora resti di pareti in opera reticolata e ammorsature in laterizio di un piccolo sepolcro; la porta è sul lato opposto della strada, e l'interno è coperto con una volta a botte.


Costruzione con pareti in reticolato e laterizio (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

Per terra a destra ci sono frammenti di iscrizioni tra le quali una ricorda un tribuno della XVI legione che si chiamava Quinzio:

iscrizione di Quinzio
Iscrizione di Quinzio

QVINCTIVS PEROM
TR MIL LEG XVI
EX TESTAMENTO ARBITRATV P QVID CTIRIZENONIS

ed un'altra, in travertino, che ricorda uno che aveva a che fare con i giochi ("ludos"):

iscrizione del magister ludos
Iscrizione del magister ludos

MAG LVDOS
COLEI MAGNO
NEO FECIT

Nella strada è stato risistemato il basolato antico, e si riconoscono sia i solchi scavati dal traffico di carri, sia gli umboni che intervallano la fila di basoli verticali.

Approfondisci:
l'aspetto di una strada romana


Tratto della via Appia con l'antico basolato (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

Subito dopo raggiungiamo una costruzione a due piani riadattata a sepolcro: si tratta della tomba di Minucia, il cui sarcofago è custodito nei Musei Vaticani. Nella fronte sono state murate dal Canina delle grandi lastre di marmo con scolpiti dei grifoni; questi sono animali fantastici, con il corpo del leone e la testa di aquila, sacri alla dea Nemesi (la dea della Giustizia che vendica i torti e punisce chi si è comportato male); spesso li troviamo nelle tombe: il grifone infatti era considerato il guardiano del sepolcro oppure colui che porta l'anima del defunto nel mondo dell'aldilà.


La tomba di Minucia (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

Approfondisci:
il rapporto dei Romani con la morte

Arretrata e parzialmente interrata, la camera funeraria mostra una stanza con la volta a botte, le nicchie alle pareti e un arcosolio nella parete verso la strada, anch'esso con due nicchie ai lati e una nicchia rettangolare sul fondo; alla base delle nicchie sono perfettamente visibili i fori che accoglievano le olle cinerarie. L'ingresso, che ha gli stipiti in travertino, è come al solito dal lato opposto alla strada.

Poco più avanti, attraverso una grata vediamo, anche se piena di terra, la camera funeraria di un grande colombario laterizio.


La camera funeraria del grande colombario laterizio (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

In terra una soglia in travertino ha la scanalatura per infilare le assi di legno e il foro per il cardine dell'anta.

soglia del colombario
Soglia del colombario

A sinistra un'epigrafe sistemata dal Canina ricorda A.L. Ilara, e che lei stessa decorò la tomba nella quale sarebbe stata poi sepolta.

epigrafe di Ilara
Epigrafe di Ilara

Approfondisci:
la sistemazione ottocentesca della via Appia

Torre Selce

Eccoci ad una torre medievale impostata su un grande mausoleo a tumulo, chiamata Torre Selce. E' difficile immaginare come doveva essere in origine il mausoleo, eppure dalle fondamenta si capisce che doveva essere simile alla tomba di Cecilia Metella; la base era un enorme zoccolo quadrato di 22 metri di lato e alto circa 9 metri, mentre sopra doveva esserci il tamburo (che rendeva la costruzione alta circa 21 metri) e forse ancora più in alto la copertura a cono.


Torre Selce (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

Sul terreno i numerosi blocchi di marmo dimostrano la ricchezza del rivestimento originale.

La torre vera e propria rimane in piedi, nonostante i robusti contrafforti, per solo due lati e mezzo; ha una grande finestra rivolta alla strada e grandi nicchie alle pareti, dove si vedono i fori per le travature lignee e per i soppalchi; l'ultimo piano era sostenuto da una volta in muratura del tipo a crociera, e da lì si doveva godere di una vista veramente spettacolare.

Approfondisci:
le torri medievali

Continuando la passeggiata la strada è affiancata da pulvini, fondamenta di sepolcri, ancora iscrizioni, tra le quali, a sinistra, quella di Tizia Eucaride, e soprattutto la bella epigrafe di un certo Gaio Attilio Evodo:

HOSPES, RESISTE, ET HOC AD GRVMVM AD LAEVAM ASPICE, VBEI
CONTINENTVR OSSA HOMINI BONI, MISERICORDIS, AMANTIS
PAUPERIS. ROGO TE VIATOR MONVMENTO HUIC NIL MALE FECERIS
C. ATEILIVS SERRANI L. EVHODVS MARGARITARIVS DE SACRA
VIA IN HOC MONVMAENTO CONDITVS EST. VIATOR VALE.

EX TESTAMENTO IN HOC MONVMENTO NEMINEM INFERRI NEQVE
CONDILICET NISEI EOS LIB. QVIBVS HOC TESTAMENTO DEDI TRIBVIQVE

(Fermati, o forestiero, e volgiti a sinistra verso questo sepolcro, esso contiene le ceneri di un uomo buono e gentile, amico dei poveri. Ti prego, passante, non imbrattare questo sepolcro, Gaio Attilio Evodo liberto di Serrano gioielliere della via Sacra, giace qui. Addio, forestiero. Per testamento nessuno può essere sepolto in questo sepolcro, all'infuori di quei liberti a cui l'ho concesso per disposizione testamentaria).

La statua in marmo di un personaggio con la toga, sul lato sinistro, è seguita da un rilievo marmoreo con tre ritratti appoggiato per terra sul lato opposto.


Personaggio con la toga (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

La strada fa una leggera discesa verso il Grande Raccordo Anulare; prima però troviamo una ampia curva verso destra, la cui origine non è chiara: potrebbe essere stata costruita per rispettare un antico santuario (più o meno come la strada compie la curva all'altezza delle Fossae Cluiliae), oppure potrebbe essere una ricostruzione in età imperiale dovuta ad uno smottamento in questo punto dove la strada scende di quota.

Approfondisci:
l'origine, la storia e il percorso della via Appia

Qui vale la pena di affacciarci al di là delle macère per ammirare il panorama di campagna romana non troppo rovinato dal dilagante abusivismo commerciale lungo la via Appia Nuova. Il panorama è caratterizzato dalla fila di arcate dell'acquedotto dei Quintili, che dall'acquedotto Anio Novus conduceva l'acqua necessaria al funzionamento della villa suburbana.

acquedotto dei Quintili
L'acquedotto dei Quintili visto dalla via Appia Antica

Approfondisci:
l'approvvigionamento idrico dei Romani

Scendendo verso il Grande Raccordo Anulare la strada è affiancata da blocchi di marmo, fondamenta di edifici e di mausolei, frammenti di colonne, brandelli di basolato, un bel rilievo marmoreo con tre ritratti appoggiato per terra a sinistra e iscrizioni sul lato destro:

ATIA C F POSTVM
CIMBRI
TESTAMENTO CVM LOC
H S Tccc

Prima di percorrere l'ultimo tratto in discesa la strada è affiancata a destra dalla statua di un personaggio in toga, e di fronte alcune pareti di qualche sepolcro. In fondo alla discesa siamo arrivati al VII miglio; la colonna miliaria è stata trasportata nel 1848 sulla balaustra del Campidoglio, accanto alla colonna del I miglio.

La via Appia al Grande Raccordo Anulare

L'imponente traforo con cui il Grande Raccordo Anulare passa sotto la via è una delle grandi opere del Giubileo dell'anno 2000, costata 80 milioni di EURO. Prima del 2000 la via antica era tranciata dalla moderna autostrada, che impediva di fatto il proseguimento della passeggiata; oggi si fa addirittura fatica a riconoscere il tratto che scavalca il tunnel.

La pulizia e il restauro della strada dopo il Raccordo è stato avviato sempre in occasione del Giubileo, ed è più o meno completato fino al cosiddetto Tempio di Ercole; considerando che anche qui abbondano le presenze archeologiche, speriamo che anche i monumenti siano presto indagati e restaurati.

Dopo aver superato vari nuclei di mausolei troviamo, sulla sinistra, una grande esedra in calcestruzzo e scaglie di selce anticamente coperta a cupola, con in alto delle grandi nicchie che forse ospitavano delle statue.

esedra
Grande esedra in calcestruzzo

Abbiamo raggiunto un sepolcro laterizio ad edicola del II sec. d.C..


Prima tomba a edicola (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

L'alto zoccolo al piano terra ha all'interno la camera funeraria, coperta da una volta a botte e con le nicchie alle pareti, il cui ingresso è dal lato opposto alla strada; la parte superiore era costruita come una quinta architettonica che comprendeva la nicchia centrale dove era collocata la statua del defunto, accanto due semicolonne rotonde (di cui resta la base) e in alto il timpano, sempre in laterizio.

Dopo altri 100 metri troviamo a destra un grosso torso di sepolcro a pilastro, poi a sinistra un colombario laterizio con due finestrelle rettangolari che illuminavano la camera funeraria.


Colombario laterizio (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

L'ingresso è dal lato opposto alla strada; le pareti accolgono le nicchie per le olle cinerarie, e l'interno è ingombrato dai resti della volta crollata. La parte superiore era forse un'edicola simile a quella del sepolcro già visto.

Più avanti, il tratto lastricato della via Appia mostra chiaramente i solchi scavati dall'intenso traffico di carri.


Tratto lastricato dopo il Grande Raccordo Anulare (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

Questo tratto in leggera salita (stiamo raggiungendo le pendici dei Colli Albani) è dominato sul lato destro da un grande mausoleo a dado, di cui resta solo il nucleo in calcestruzzo e scaglie di selce, ricoperto dalla vegetazione. Tra il grande mausoleo e la strada, proprio di fronte al bivio con via degli Armentieri, ci sono le fondamenta di un altro sepolcro.


Fondamenta in calcestruzzo prima del mausoleo sulla destra della via (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

Da qui in avanti tutta la zona è nell'abbandono più totale: il pavimento della strada è un asfalto rovinato dalle buche, le crepidini sono infestate dalle erbacce e devastate dagli incendi, i sepolcri sono indistinguibili dalle macerie e dall'immondizia, una successione di macchine parcheggiate e di sedie appoggiate alle macère testimoniano attività antisociali o decisamente criminali, il paesaggio retrostante è rovinato dagli abusi edilizi.

In mezzo a tanto degrado non mancano le presenze archeologiche: più avanti di circa 100 metri incontriamo a sinistra due nuclei in calcestruzzo, e sulla destra una epigrafe che ricorda un tal M. Pompeo, che aveva l'impiego di scriba nell'ufficio dei questori (è questo il significato delle lettere SCR Q)


Epigrafe di M. Pompeo (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

Sempre sulla destra, dopo alcune centinaia di metri raggiungiamo un grande mausoleo rotondo. Riconosciamo, sia inglobati nella massa di calcestruzzo sia poggiati sul terreno, i grandi blocchi di marmo che anticamente rivestivano la tomba.


Mausoleo rotondo (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

Il mausoleo, che conserva ancora la camera funeraria, sorgeva al centro di uno spiazzo rettangolare lastricato. Poco dopo un altro grande spiazzo quadrangolare ospita il cosiddetto Tempio di Ercole. In effetti sappiamo da un epigramma del poeta latino Marziale che all'VIII miglio della via Appia (che cadeva circa 50 metri più avanti) sorgeva un tempio dedicato a Ercole, famoso perché l'imperatore Domiziano, che aveva commissionato la costruzione, aveva fatto collocare all'interno una statua colossale di Ercole che era scolpita a somiglianza di Domiziano stesso.


Cosiddetto Tempio di Ercole (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

Il quadriportico non ha nulla a che fare con il Tempio di Ercole. Aveva lungo ciascun lato cinque colonne di peperino di ordine tuscanico (un tipo di colonnato "primitivo" simile al dorico, forse derivato da un antico tipo di tempio etrusco), e risale alla fine del periodo repubblicano. L'edificio era probabilmente destinato a punto di ristoro per i viaggiatori, più o meno come una delle grandi stazioni di servizio nelle moderne autostrade.

Approfondisci:
l'organizzazione di una strada antica

Sotto il colonnato dovevano esserci le panchine sulle quali i viaggiatori potevano sedersi, e un pozzo permetteva il rifornimento di acqua. Qui è stato ritrovato un altare sacro al dio Silvano, per cui è probabile che un luogo di culto, se non lo stesso quadriportico, fosse dedicato al dio dei boschi. Il Tempio di Ercole poteva sorgere subito prima o subito dopo il quadriportico: il culto di Ercole e quello del dio Silvano erano infatti spesso associati.

L'VIII miglio

Il residuo tratto, fra l'VIII e il XII miglio è sempre ricco di monumenti e di suggestivi panorami. A sinistra riconosciamo una parete in opera listata, poi una successione ininterrotta di resti di muri, blocchi di peperino, fondamenta di sepolcri; un grande nucleo in calcestruzzo, sulla destra a circa 500 metri dal Tempio di Ercole, è noto come il sepolcro del poeta Persio, che aveva una villa da queste parti, all'VIII miglio della via Appia. Un po' più avanti, sulla sinistra, incontriamo la terza tomba a edicola, che alcuni hanno attribuito allo stesso poeta Persio, e altri a Q. Veranio, console nel 49 d.C.


Terza tomba a edicola (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

Come per la prima tomba, anche qui siamo di fronte a un sepolcro in laterizio della metà del II sec. d.C.; la stanza inferiore, rettangolare, è la camera funeraria, con nicchie alle pareti e la volta a botte. Al di sopra un tamburo cilindrico si presenta sulla strada per mezzo di una quinta architettonica; è composta dall'edicola centrale semicircolare (all'interno doveva esserci la statua del defunto), affiancata da due semicolonne circolari con il capitello corinzio e sormontata dal timpano (di cui rimane solo la base), il tutto in laterizio.

L'ingresso alla camera sepolcrale, come al solito, non era sulla strada, dove invece era la lastra di marmo con l'iscrizione che ricordava il defunto; l'ingresso in questo sepolcro è sul lato opposto, ed ha gli stipiti in peperino.

Berretta di Prete

Prima dell'incrocio con via di Fioranello, sempre a sinistra, sorge un edificio a cupola del IV sec. d.C., chiamato per la forma sepolcro a Berretta di Prete; conserva ancora la cupola grazie alla trasformazione in chiesa nell'alto medioevo.


La tomba cosiddetta "a berretta di prete" (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

L'interno presenta tre grandi nicchie semicircolari che dovevano contenere dei sarcofagi. La tecnica costruttiva è l'opera listata, formata da strati di cubetti di selce e filari di tegole o mattoni; dovrebbe appartenere quindi alla fine del III o all'inizio del IV sec. d.C.

In origine la tomba doveva essere circondata da un ambulacro più basso, del quale restano solo le fondamenta, con un imponente ingresso verso la via Appia: un grande corridoio rettangolare che nel mezzo si allarga in due absidi, e che si collegava ad altre stanze ancora non esplorate.

La chiesa, che era dedicata a santa Maria madre di Dio, era già abbandonata nel X secolo; la costruzione faceva parte dei possedimenti dei Conti di Tuscolo (che in quel periodo erano padroni di mezzo Lazio) ed era segnalata come "Palombaro", forse perché era destinata all'allevamento dei piccioni. Quando la zona passò ai signori di Albano (nel XII-XIII secolo), sopra alla tomba fu costruita una torretta, di cui restano alcune tracce in tufelli parallelepipedi; le altre strutture che facevano parte della fortificazione medievale sono scomparse.

L'analisi dello strato di terreno davanti alla tomba corrispondente alla fine del periodo medievale ha mostrato tracce di focolari, ossa animali e materiali ceramici di non particolare qualità; in tale periodo la costruzione doveva servire ormai solo come ricovero per i contadini.

Oltre l'incrocio con via di Fioranello, sulla destra, resta il nucleo molto rovinato di un grande mausoleo rotondo; sul retro c'era l'ingresso alla camera funeraria, in opera mista di reticolato e laterizio, con nicchie a forma di arco; la copertura era a cono.

Qui la via Appia non è stata mai asfaltata, quindi se da un lato i resti antichi si sono meglio conservati, dall'altro è stata per decenni sommersa di rifiuti, e solo in parte è stata ripulita.

Più avanti, oltrepassati alcuni tratti di basolato, sta appoggiato sul marciapiede sinistro un grosso blocco di calcestruzzo incavato al centro, che in origine doveva essere la copertura a calotta di una camera quadrangolare.


Blocco cavo di calcestruzzo (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

Qui la sede lastricata è larga 4,70 metri; sulla sinistra il marciapiede è lastricato anch'esso, ed è largo 6,20 metri, mentre il marciapiede destro è largo come al solito 3,10 metri; anche il lato sinistro presenta una pavimentazione sebbene molto usurata, e la spiegazione potrebbe essere la presenza di un albergo a fianco della strada, che era attrezzato con una piazola di sosta per il traffico dei carri.

Il mausoleo di Gallieno

Arriviamo finalmente al colossale mausoleo rotondo che domina questo tratto della via Appia. E' una grande rotonda in laterizio che doveva essere coperta da una cupola. Intorno il sepolcro è circondato da un grande basamento rotondo sul quale sorgeva un colonnato.


Mausoleo di Gallieno (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

Già nel medioevo la zona era conosciuta come "il Palombario", e spesso l'edificio è stato confuso con la Berretta di Prete. Questa tomba è attribuita all'imperatore Gallieno; tenendo conto che l'imperatore morì nel 268 d.C., che la struttura del sepolcro appartiene a quel periodo, e che le fonti antiche indicano il IX miglio come luogo della sepoltura, l'attribuzione sembra plausibile. Bisogna aggiungere che nel retro esistono le rovine di una grande villa, e possiamo immaginare che l'imperatore abbia voluto essere sepolto nella sua stessa proprietà.

Approfondisci:
il rapporto dei Romani con la morte

Approfondisci:
l'architettura funeraria romana

Gli scavi della fine del XVIII secolo hanno portato alla luce statue e decorazioni di grande qualità artistica: è un'altra dimostrazione che l'edificio doveva appartenere all'imperatore.

La sede lastricata della strada è larga come al solito 4,10 metri, ed è più largo il marciapiede destro, che raggiunge 4,70 metri.

Dal Monte di Terra a Frattocchie

Qui siamo al IX miglio della via Appia, e sappiamo che da queste parti esisteva la prima delle stazioni per il cambio dei cavalli, chiamata nell'Itinerario di Bordeaux (333 d.C.) ad nonum. A questo punto la strada diventa quasi irriconoscibile, abbandonata com'è alle discariche e all'abusivismo edilizio; in mezzo al degrado emerge il cosiddetto "Monte di terra".


Monte di terra (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)

E' un mausoleo a tumulo, formato da una base quadrata foderata di blocchi di peperino, sul quale si alzava un cilindro sempre foderato di peperino, sopra al quale era il cono di terra che vediamo ora. Salendo sul sepolcro abbiamo una bella vista sul panorama che da Roma va verso gli Appennini e poi ai Colli Albani; in basso, vediamo prima la successione di abusi sulla via Appia Nuova, mentre ai nostri piedi la via conserva ancora in parte il basolato originario, che qui è largo 4,20 metri.

I marciapiedi sono larghi a sinistra 3,70 metri (qui il marciapiede è anche lastricato), e a destra 6,90 metri, forse in relazione alla stazione di posta ad nonum; è possibile che questa, isolata sia da Roma che dalla vicina Bovillae, fu costruita appositamente per servire il cursus publicus approfittando dell'abbandono della villa dell'imperatore Gallieno.

via Appia vista dal Monte di terra
La via Appia vista dal Monte di terra (foto del 1998)

Proprio questo tratto così degradato era stato ripulito nel 1989 dal Comune di Ciampino; oggi invece la via Appia è interrotta da grossi massi di cemento, e poi tagliata da via delle Capanne di Marino, una strada perpendicolare che conduce alle villette e ai cantieri vicini. La sede lastricata della via Appia, osservata nel 1981, è larga come al solito 4,10 metri, e le crepidini hanno i bordi fondati su blocchi di tufo, con in mezzo terra e scaglie di selce.

Il tratto seguente, fino al ponte con il quale la via è scavalcata dalla ferrovia, ospita un cantiere del Parco regionale dell'Appia Antica, che ha l'obiettivo di riportare alla luce il basolato (che qui è largo 4,45 metri), e di ripulire dall'immondizia e dalle erbacce sia le crepidini che le fondamenta dei sepolcri adiacenti alla strada. Le crepidini, di peperino, sono qui insolitamente alte, forse a causa della natura acquitrinosa del luogo.

A sinistra la via Appia è dominata da un grande sepolcro rotondo, che è rivestito in laterizio e opera reticolata; il basamento è ornato da nicchie alternativamente rettangolari e semicircolari, scandite da semicolonne in laterizio.

Il segmento tra il ponte della ferrovia e via della Repubblica è stato ripulito dal Parco regionale dell'Appia Antica; proprio in prossimità del ponte, nel luglio 2000, sono stati ritrovati sepolti dai rifiuti due grandi leoni di peperino, uno intatto mentre dell'altro rimane solo la parte posteriore; le statue, a grandezza naturale, sono raffigurate mentre tengono sotto gli artigli un agnello: il simbolo indica la sottomissione dell'Uomo alla morte, e avrebbe una funzione apotropaica; da qui l'ipotesi che i due leoni custodissero l'ingresso di un sepolcro, che non è stato identificato. Oggi le due statue sono custodite dall'Ente Parco dentro la sede della ex Cartiera Latina. Poco più avanti, nel 1999, è stato scoperto un piazzale basolato con un proprio marciapiede, e accanto le fondamenta di un edificio in opera reticolata. Il ritrovamento di varie monete e di una tessera di bronzo, e l'usura sia nella soglia dell'edificio e che nella pavimentazione del piazzale, fanno ritenere che l'edificio o un altro luogo adiacente fosse destinato ad uso pubblico, come ad esempio una mutatio, cioè una stazione per il cambio dei cavalli.

cantiere Ente Parco
Il basolato tra il ponte della ferrovia per Velletri e via della Repubblica

Anche l'ultimo segmento della via Appia Antica, al di là di via della Repubblica, è stato ripulito nel 2000 dal Parco regionale dell'Appia Antica; oggi però la carente manutenzione ha ridotto nuovamente la sede stradale ad un sentiero invaso dalle erbacce.

La via Appia comincia decisamente a salire; sulla sinistra, dopo un tratto di basolato, un tumulo in calcestruzzo di selce è la base per una torretta in tufelli parallelepipedi e mattoni: si tratta del pu nto di triangolazione costruito da padre Angelo Secchi nel 1855, per costruire la base geodetica dello Stato pontificio. Siamo così giunti al XI miglio: un ex lavatoio a destra ospita il Punto informativo dell'Ente Parco, mentre la fontanella getta una acqua fresca e frizzantina; da qui in avanti alla strada antica si sovrappone il percorso della via Appia Nuova.


La torre simil medievale sul tumulo di calcestruzzo (per gentile concessione dell'associazione Nova Roma Italia)


Adesso se vuoi puoi tornare ai monumenti del quinto miglio della via Appia Antica.


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copyright COMITATO PER IL PARCO DELLA CAFFARELLA e ASSOCIAZIONE NOVA ROMA ITALIA 25 giugno 2005