Itinerario naturalistico nella valle della Caffarella

Ritorno a casa

  1. Parrocchetto monaco

Una comoda strada sterrata ci porta, passando accanto ad una casa diroccata, probabile rifugio o posatoio di rapaci notturni, su via della Caffarella.

Se prendiamo la strada alla nostra destra, dopo aver costeggiato il sepolcro di Annia Regilla raggiungiamo l'Almone proprio lungo il bel viale di pioppi neri e platani che si trova davanti alla Vaccareccia, e che all'inizio dell'estate è il regno dei coloratissimi cardellini dal caratteristico volo ondulato.

Lì troviamo numerose piante di stramonio (Datura stramonium), dai frutti spinosi velenosissimi; la pianta è così tossica che la raccolta è addirittura proibita per legge. Incontriamo anche la Phytolacca americana (o uva turca), una pianta che in autunno spicca per il colore rosso delle foglie e dei frutti, tant'è che in passato era usata per tingere e per rinforzare il colore di vini e caramelle, anche se superando certe quantità i frutti provocano il vomito.

Phytolacca americana

Phytolacca americana (autrice: Rita Luciani, titolo della fotografia: "Il bosco incantato 2")

Da questo punto, dopo circa un chilometro, è possibile tornare a largo P. Tacchi Venturi, da dove eravamo partiti tre ore fa. Chi invece desidera effettuare un'ultima tappa nella valle, può voltare invece verso sinistra e, dopo qualche centinaio di metri, imboccare un sentiero che conduce alla pianura alluvionale dell'Almone e degli altri ruscelli ad esso tributari.

Alla nostra sinistra un fitto canneto ospita numerose specie di uccelli, tra le quali il cannareccione (Acrocephalus arundinaceus), che ha l'abitudine di nidificare ancorandosi a più canne unite insieme.

Purtroppo questi uccelli sono costantemente disturbati dagli orticoltori, che estirpano le canne per venderle o per sostenere le loro piante di pomodori.

Il limo e l'argilla deposti dai vari corsi d'acqua sono impermeabili e, con le pioggie autunnali, il terreno diventa un'unica grande palude. Viceversa in primavera il fondovalle si copre di un giallo uniforme che ricorda un quadro di Van Gogh.

Il prato ospita numerosissimi insetti, ed è stato per questo segnalato dagli entomologi, gli stravaganti personaggi spesso raffigurati armati di retino per farfalle.

Questa attenzione non è immotivata: gli insetti sono in fondo i dominatori del pianeta, rappresentando oltre il 95 per cento di tutte le specie di animali attualmente viventi, e svolgono un ruolo fondamentale nell'equilibrio della biosfera e della maggior parte degli ecosistemi; senza insetti non vi sarebbe la maggior parte delle produzioni di frutta che noi conosciamo, e moltissime piante non riuscirebbero a riprodursi

Lo stato di conservazione dell'ambiente fa sì che la Caffarella non trovi molti rivali nel territorio cittadino. Come esempio di tale peculiarità citiamo la presenza del coleottero Agrilus auricollis, che a maggio si può trovare sulla sua pianta nutrice, il bagolaro.

I coleotteri costituiscono il più significativo campionario della "biodiversità" presente in ogni ambiente e luogo della Terra, e rappresentano da soli oltre il 40 per cento di tutte le specie animali conosciute.

Per tutti coloro che hanno a cuore la conservazione dell'ambiente l'interesse per gli insetti rappresenta una questione non trascurabile. E d'altra parte per tutti gli amanti della natura non dev'essere una novità assistere a quello spettacolo sempre nuovo e sorprendente rappresentato dal volo delle molte farfalle: la comune cavolaia (Pieris rapae) dalle ali bianche puntate di nero; le belle cleopatra (Gonepteryx cleopatra) color giallo-zolfo, i cui maschi posseggono le ali anteriori ombrate di arancione; le Colias dalle ali color zabaione ampiamente bordate di scuro, e la cui parte posteriore mostra un "occhio" bianco con contorno rosso-sangue; i grandi macaone (Papilio machaon) e podalirio (Iphiclides podalirius), riconoscibili per le singolari "code" delle ali posteriori; non mancano infine le piccole Licenidi, con ali superiormente celesti e inferiormente color chiaro punteggiato.

Passati al di là dell'Almone raggiungiamo un maturo boschetto di pioppi del Canada (Populus canadensis).

Il boschetto in origine doveva essere coltivato per produrre la carta, con gli alberi che crescevano in fitti filari; col tempo questa attività è stata abbandonata, gli alberi si sono ostacolati l'un l'altro e gli individui deboli hanno avuto la peggio, crescendo storti e poi crollando a terra. In questo ambiente trova rifugio il rospo (Bufo bufo).

Il pioppo necessita di molta acqua, che trova lì accanto, in un ruscello: è la marrana della Caffarella, della quale incontrammo la sorgente sotto una fungaia poco prima della torre-ponte.

Proseguendo la passeggiata verso le Mura Aureliane troviamo aree molto degradate, orti abusivi, discariche e abbandono. Qui all'imbrunire e sempre più spesso anche di giorno, è possibile incontrare degli animali che trovano vantaggio dal degrado operato dall'uomo: ratti e topi.

Incredibili divoratori di rifiuti, scarti e di ogni cosa che trovano commestibile, uniscono a questa caratteristica una prolificità altrettanto straordinaria che li porta ad occupare territori sempre più vasti. Se a questo aggiungiamo la diminuzione dei predatori possiamo capire come essi siano diventati un grosso problema per le città e le campagne.

Nella valle della Caffarella sono presenti due specie di ratti e due di topi. I primi sono il ratto dei tetti o ratto nero (Rattus rattus) e il ratto delle chiaviche o surmolotto (Rattus norvegicus), i secondi sono il topo selvatico (Apodemus sylvaticus) e il topo domestico (Mus domesticus), la cui abbondanza è indicatore ecologico di degrado ambientale.

Dei due ratti il primo abita soprattutto i versanti della valle più coperti di vegetazione boschiva e i tetti dei casali, il secondo la zona del fiume Almone e delle marrane affluenti e gli ambienti più degradati. Una conferma della distribuzione consueta di questi animali, risultato di secoli di evoluzione accanto all'uomo, e grazie all'uomo: si parla di "commensalismo" tra uomo e roditori.

Tutto, molto probabilmente, comincia agli albori del Neolitico (circa 10 mila anni fa), quando l'uomo, nella Caffarella come altrove, da cacciatore e raccoglitore diventa pastore e agricoltore. Si ferma così in alcune zone più favorevoli (certamente la valle dell'Almone fertile e ricca di acque), vi costruisce i propri villaggi, vi accumula i prodotti dei campi. E proprio questi attirano e sfamano popolazioni sempre più numerose di topi e ratti: qui in Italia (come nel resto dell'Occidente) il ratto nero, mentre in Oriente rimaneva confinato il ratto delle chiaviche.

ratto nero

ratto nero

Con l'urbanizzazione, il cugino orientale avanza inesorabilmente trovando spazi nei territori dei ratti neri, e nel Medioevo inizia a diventare padrone delle città. Lo avvantaggiano la maggiore adattabilità agli ambienti degradati, la forza fisica superiore, l'aggressività, la vita sociale e la possibilità di mangiare tutto, ma proprio tutto.

Se quindi il ratto nero e il topo domestico si potevano nutrire soprattutto dei prodotti alimentari dell'uomo, il cugino orientale fece banchetto dei suoi rifiuti, particolarmente nei luoghi umidi e malsani. Così mentre il ratto delle chiaviche elesse a suo territorio soprattutto le zone cittadine maggiormente degradate (le fogne), al ratto nero non rimase che rifugiarsi nelle campagne (anche se in comproprietà) e nelle aree verdi degli ambienti urbani.

ratto delle chiaviche

ratto delle chiaviche

I ratti delle chiaviche ormai non possono più essere considerati dei "parassiti" dell'uomo, ma veri e propri invasori capaci di adattarsi alle condizioni più disperate, anche quelle che l'uomo fugge. Proprio perché legati ad un ambiente degradato, i ratti e i topi ospitano numerosi microrganismi (protozoi, virus, batteri, funghi), molti dei quali portatori di gravi malattie ed infezioni nell'uomo e negli altri animali.

Ma per fortuna in Caffarella c'è ancora chi riesce, almeno in parte, a "controllare" i roditori. Sono i loro nemici naturali che, risparmiati dalla caccia e da altre forme di persecuzione, trovano nella valle un'ottima fonte di cibo: volpi, rettili, rapaci diurni e notturni hanno la loro massima fonte di alimentazione proprio nei ratti e nei topi. Purtroppo spesso l'uomo non apprezza questo prezioso lavoro e stermina questi animali per i più diversi e futili motivi: paura (rettili), superstizione (rapaci notturni), presunta nocività (volpe e rapaci diurni). E così ancora una volta a danno si aggiunge danno: rifiuti, quindi ratti e topi; uccisione dei predatori, aumento di ratti e topi e delle malattie e infezioni che trasmettono.

Se dal boschetto di pioppi risaliamo il fiume, facciamo attenzione. Potremmo infatti vedere il gruccione (Merops apiaster), un uccello di medie dimensioni (30 cm) dai colori vivissimi, che costruisce il nido scavandolo nella terra. Proveniente dall'Africa, il gruccione è presente in primavera-estate; recentemente è stata accertata la nidificazione anche in Caffarella.


gruccione

Guardiamo perciò anche dove mettiamo i piedi; all'altezza di un vecchio pioppo, che sembra sorvegliare gli alberelli piantati dagli alunni della scuola media Lewis Carroll nel 1993, il sentiero attraversa il ruscello per mezzo di un ponticello completamente soffocato dall'erba.

Sulla sponda destra si riconoscono i lavori idraulici condotti dai Torlonia nel XIX secolo, tra i quali si vede una "bocca a stramazzo", che consentiva di misurare e di regolare il flusso dell'acqua; due guide poi dovevano servire a sbarrare il ruscello tramite una saracinesca, quando bisognava allagare la valle per scopi agricoli.

In mezzo all'erba, oltre alle ortiche troviamo anche il crescione (Nasturtium officinale), pianta ottima per le insalate e dalle accertate proprietˆ antitumorali, mentre nell'aria grandi pappagalli rinselvatichiti volano alla ricerca di semi.

Sono decine di esemplari di parrocchetto monaco (Myopsitta monachus), una specie proveniente dal Sudamerica, apparsa negli anni '90 in Caffarella e da qui diffusasi in tutta Roma, alla quale ora si è aggiunto anche Agapornis roseocollis, un inseparabile africano presente con alcune coppie; secondo gli ornitologi i parrocchetti, che sono pappagalli forti e adattabili e sopportano bene anche temperature rigide, alterano l'equilibrio precario delle specie di uccelli che nidificano in Caffarella.

Parrocchetto monaco

(Myopsitta monachus)

parrocchetto monaco
(Autore: Gaetano Palisano)

Come riconoscerlo: lunghezza: 22-29 cm; peso 150 g; apertura alare: 30-34 cm.

Colore vivace verde sulle parti superiori e sulla coda, remiganti azzurre e becco giallo-arancio.

Alimentazione: semi, granaglie, frutta, gemme e fiori (talvolta anche agrumi, noci e insetti).

Riproduzione: aprile-giugno; nido: intreccio di rami spinosi collocato in alto sugli alberi, dalla forma sferica, può raggiungere 1 metro di diametro, ma tende col tempo a divenire un'immensa costruzione comunitaria, ospitante la coppia originaria e decine di discendenti, con gli ingressi rigidamente separati per ciascuna coppia; un grande nido di parrocchetto monaco può pesare anche 2 quintali e avere la dimensione di un carro; uova 4-6; incubazione: 25-26 gg; involo dopo altri 40 gg.

Curiosità: il nido è sede di una complessa attività sociale: gli uccelli si alternano come sentinelle, dando l'allarme in caso di visita da parte delle cornacchie grigie, restando viceversa indifferenti a merli, piccioni e taccole, e addirittura accogliendo nel nido i passeri cittadini; a Milano, negli anni '40, alcuni parrocchetti sfuggiti dallo Zoo si insediarono nei giardini pubblici, costruendo nel tempo una colonia di centinaia di individui; nel 1948 i ratti scoprirono il nido e, distruggendo le uova e divorandone i piccoli, misero fine in poco tempo all'esotica colonia.

Liberati nelle ville di via Appia Antica, hanno progressivamente colonizzato gli alberi lungo via della Caffarella, raggiungendo il quartiere Appio Latino.

Purtroppo, da questo punto il sentiero attraversa un terreno fino al 1998 occupato da decine di orti abusivi, e ancor oggi coperto di rifiuti.

Forse un brutto finale per una passeggiata che, senza aver voluto essere esaustiva di tutta la natura della Caffarella (tanti altri ambienti restano alla vostra scoperta: noi li abbiamo segnati sulla cartina!), ha comunque dato un'idea di quale immenso patrimonio naturale contenga questa zona a due passi dalle case.

Abbiamo visitato boschi e grotte, abbiamo visto fiumi e paludi (anche se in miniatura), sorgenti e alberi isolati, abbiamo conosciuto i suoi abitanti o anche solo i segni lasciati da loro, tutto all'interno di una grande città come Roma.

Ma abbiamo incontrato anche guasti ambientali e conosciuto i pericoli che l'ambiente naturale corre. Ed è giusto vedere e sapere anche questo. Conoscendoli forse qualcuno si impegnerà perché questa valle, questo "corridoio biologico", questi "spiccioli di natura" siano meglio conservati, protetti, salvati: per noi e per le future generazioni.

Sarà questo il più bel regalo per la Caffarella e i suoi abitanti.

Ringraziamenti

Rivolgiamo un sincero ringraziamento a Agostino Letardi per averci fornito gli appunti sull'entomologia della Caffarella, e a Pietro Cosimi per gli interessanti ed appassionati spunti che ci ha fornito con il suo testo "Guida alla Caffarella".

Ringraziamo Maurizio Parotto (Dipartimento di Scienze Geologiche della III Università di Roma) per averci fornito i disegni sulle ricostruzioni paleoambientali di Roma e per il continuo sostegno al lavoro del Comitato; Bruno Cignini, Giovanni Buccomino e Mauro Cristaldi, autori di svariate ricerche sulla natura del Parco, che hanno completato e corretto il testo; i professori Sandro Pignatti e Andrea Pavesi, per gli appunti che abbiamo raccolto durante alcune visite guidate.

Un riconoscente ringraziamento a Fulvio Fraticelli per i suoi competenti consigli; sono stati per noi un prezioso aiuto.

Grazie anche a Cristina Menchinelli per i disegni dei fiori e delle altre piante erbacee, e a Gabriele Leigheb per i disegni di animali. La loro gentile collaborazione è stata determinante per la realizzazione di questo lavoro.


Per commenti e osservazioni potete contattarci via e-mail c/o:
caffarella@romacivica.net

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copyright COMITATO PER IL PARCO DELLA CAFFARELLA, 26 agosto 2003