Tornati alla Vaccareccia saliamo sulla collina alle spalle del casale: qui ci appare l'imponente mausoleo di Cecilia Metella, una tomba colossale costruita verso il 50 a.C.; Cecilia Metella era figlia del console Quinto Metello, detto Cretico dopo la conquista dell'isola di Creta, ed era moglie di Marco Crasso, figlio di uno dei più leggendari personaggi di Roma: il ricchissimo Marco Licinio Crasso, che soffocò nel sangue la rivolta degli schiavi capeggiati da Spartaco, che formò con Cesare e Pompeo il primo triumvirato, e che trovò un'orrenda morte in una spedizione contro i Parti.
Scendendo dalla parte opposta, un sentiero porta verso via dell'Almone. Sulla collina di sinistra, l'ultima prima della strada, troviamo una stanza rettangolare in laterizio, da alcuni identificata come vasca termale. Un basolo che si trova lì accanto fa supporre l'esistenza di una stradina lastricata.
Fino alla fine del secolo scorso si traversava il fiume Almone accanto alla torre medievale, su un piccolo ponte di legno costruito dove già anticamente doveva esserci un ponte che collegava la via Latina con la via Appia Antica.
fondamenta del ponte sull'Almone
Tra il X ed il XIV secolo il ponte assunse una grande importanza strategica, a causa delle lotte baronali per il controllo delle comunicazioni. Nel 1080 la zona era infatti di proprietà dei Conti di Tuscolo, i quali si erano installati dentro Cecilia Metella facendo pagare il pedaggio. Ciò provocò l'abbandono della via Appia Antica, ed è possibile che i viandanti che si recavano verso i Colli Albani deviassero qui per passare sulla via Latina. La decadenza dei Conti di Tuscolo diede l'occasione a papa Bonifacio VIII (Benedetto Caetani, 1235-1303) di impadronirsi della tomba di Cecilia Metella e dei terreni intorno.
La tomba di Cecilia Metella ed il castello dei CaetaniLa tomba di Cecilia Metella è costituita da una base a pianta rettangolare sormontata da un cilindro. Della base, alta 8 metri, rimane solo il nucleo in calcestruzzo, mentre il cilindro, alto ben 11 metri, è ancora rivestito di travertino; la sua forma lo collega al genere architettonico del mausoleo di tradizione ellenistica, che proprio in quel periodo raggiungeva a Roma la massima diffusione.
Sul tamburo un fregio in marmo pentelico rappresenta dei crani bovini sormontati da festoni di foglie e frutta; una iscrizione ricorda brevemente Cecilia Metella. La sommità del tamburo è delimitata da una cornice, al di sopra della quale si trova il ballatoio con la merlatura medievale; è però ancora parzialmente visibile la merlatura antica in travertino, che, assieme ad alcuni fregi guerreschi, richiama la tradizione italica che voleva il sepolcro simile ad una fortezza. Sul cilindro si trovava anche un tumulo a forma di cono rovesciato, come era caratteristico dei sepolcri etruschi. L'interno era a due piani: il piano inferiore, che conteneva il corpo di Cecilia Metella, è costituito da una camera circolare, stretta e molto alta, in origine ricoperta da una volta conica; per proteggere la camera dall'umidità, le pareti sono rivestite con estrema cura in laterizio, con tegole sottili, spezzate e arrotate sul lato frontale. Il piano superiore non è più accessibile. Sin dal periodo bizantino questa tomba venne utilizzata come luogo fortificato. Nell' XI sec. i Conti di Tuscolo inglobarono il mausoleo in un fortilizio che scavalcava la via Appia Antica, protetto da sedici torri, delle quali otto sono ancora in piedi. Alla fine del XIII sec., grazie all'influenza di Bonifacio VIII, la zona divenne di proprietà dei Caetani, che costruirono accanto al mausoleo il palazzo baronale; l'edificio, orlato di merli ghibellini, presenta la stessa tecnica costruttiva (struttura quadrangolare e blocchetti di tufo parallelepipedi) delle torri medievali della Caffarella. In questo periodo il castello raggiunse il massimo splendore, arrivando a contenere più di 50 case ed alcune chiese. Ancora oggi vi si trova la piccola chiesa di S. Nicola di Bari, in stile gotico. Il castello, devastato dal passaggio di Enrico VII (1312), di Carlo V (1536) e di Marcantonio Colonna (1571), venne infine smantellato per ordine di Sisto V. |
L'intera tenuta fu quindi ceduta da Bonifacio VIII ai suoi famigliari, che la possedettero fino alla sua morte nel 1303. Subentrarono allora i Savelli che occuparono Cecilia Metella per dieci anni, quindi i Colonna ed infine gli Orsini.
La Torre-ponte
Per il controllo del ponte (che era in muratura, come si vede dalle testate nel fosso) ed impedire attacchi laterali dalla via Appia Antica alla via Latina e viceversa, fu realizzata questa torre, la cui tecnica costruttiva, in blocchetti di tufo parallelepipedi, permette di attribuirla al XII-XIII sec.
fondamenta della torre-ponte
La torre era protetta da un antemurale, e un ponte levatoio conduceva direttamente al primo piano (un grande crepaccio indica la posizione della porta).
l'antemurale della Torre-ponte
Alle pareti si vedono i resti delle finestre quadrate, alcune feritoie e i fori lasciati dalle impalcature di legno usate per la costruzione; l'interno del primo piano era coperto a volta.
l'ingresso dell'antemurale
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La torre è stata probabilmente sede di una valca, e nel terreno tra essa e il Colombario Costantiniano sono stati trovati nel 1999 alcuni condotti idraulici che in certi periodi potrebbero aver condotto un flusso di acqua dal Colombario alla torre.
Un canale tra la Torre-ponte e il Colombario Costantiniano
Continuando in direzione di via dell'Almone troviamo un ponte di legno che ci consente di attraversare il fiume. Sulla destra, fatti pochi passi, ci troviamo davanti alla tomba chiamata comunemente "colombario costantiniano", poiché la si credeva dell'epoca di Costantino (circa 300 d.C.). Studi più recenti l'hanno invece fatta risalire all'età degli Antonini (II sec. d.C.), come testimonia anche la tipica tecnica in laterizio.
Il colombario costantiniano
La tomba si affacciava sulla strada che collegava la via Latina con l'Appia Antica. La strada partiva dal sepolcro Baccelli (nel Parco archeologico della via Latina), valicava l'Almone all'altezza del colombario costantiniano, imboccava via Appia Pignatelli, e da lì raggiungeva probabilmente via delle Sette Chiese, finendo a S. Paolo.
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Il sepolcro, in origine a due piani, si è ben conservato tranne che nel tetto e nel pavimento del primo piano, che sono crollati; l'edificio è un tempietto "in antis", cioè con la facciata che presenta i due muri laterali leggermente avanzati (formando così due "ante"), e con due colonne (scomparse) nello spazio tra essi; il protiro, lo spazio compreso tra le colonne e la porta, protetto anticamente da una volta a botte, formava così un piccolo podio coperto a cui si accedeva tramite una gradinata esterna.
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Al centro della facciata, sotto l'arco di scarico (così detto perché "scarica" il peso del tetto sulle pareti laterali), si apre la porta principale, di cui sono rimasti gli stipiti; lo scasso sopra la porta è invece tutto ciò che rimane della piattabanda; essa era composta da mattoni bipedali (cioè lunghi due piedi, corrispondenti a circa 60 cm), i quali, essendo un ottimo materiale da costruzione, vennero asportati e riutilizzati nel Medioevo per qualche altro edificio.
Il piano superiore era destinato, come di consueto, alle cerimonie funebri; nella stanza vi sono tre nicchie ed un arcosolio nella parete di fondo ed una nicchia in ciascuna parete laterale. Uno squarcio nella parete sinistra indica la porta del piano inferiore, nel quale si deponevano i sarcofagi dei defunti; sopra lo squarcio si riconosce la traccia dell'incasso per la targa marmorea con il nome del defunto. Infine si notano le finestrelle che illuminavano l'interno.
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L'esterno dell'edificio era, anticamente, dipinto di rosso, colore tipico dei vecchi casali dell'agro romano secondo una tradizione ininterrotta dal '500 all' 800, ma che evidentemente risale addirittura all'età romana.
Durante il Medioevo questo edificio fu trasformato in mulino: il pavimento era già crollato, ed un canale d'acqua regolato da una chiusa entrava nella costruzione facendo girare una macina orizzontale. La falda è ancora oggi molto ricca di acqua, al punto che negli anni '80, quando sono stati fatti gli scavi archeologici, essa ha impedito di raggiungere il livello antico del terreno; anche il recente restauro condotto dal Comune di Roma e finanziato dal Piano degli Interventi per il Giubileo si è limitato a riempire il pavimento del colombario di ghiaia.
L'edificio nel '600 era forse una casa privata: una delle nicchie appare infatti sfondata e utilizzata come lavello.
Il colombario costantiniano
Intorno alla tomba è stata scoperta nel 1999 una vasta area sepolcrale, con tombe e altri edifici.
veduta d'insieme degli scavi al Colombario Costantiniano
Sono state identificate le fondamenta di un sepolcro a tempietto, adiacente al Colombario, ma anche un monumento circolare del quale non è chiara la funzione.
fondamenta di sepolcri di fronte al Colombario Costantiniano
una scatola cranica trovata nell'area sepolcrale
Salendo sulla collina di fronte si raggiunge un luogo ricchissimo di reperti archeologici, in cui si trovava anticamente il famosissimo Triopio di Erode Attico.
Adesso se vuoi puoi tornare a visitare il Tempio del dio Redicolo.
Oppure puoi proseguire la visita al Triopio di Erode Attico.
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copyright COMITATO PER IL PARCO DELLA CAFFARELLA 29 gennaio 2002