Itinerario naturalistico nella valle della Caffarella

Le zone umide: "Sospese tra terra e acqua"


Palude: un nome che evoca immediatamente immagini di grandi distese di acqua immobile, vegetazione intricata e impenetrabile, aria pesante (la "mal aria") e "malefica", nugoli di zanzare e di altri insetti cosiddetti nocivi, richiami di animali misteriosi. Eppure anche qui nella valle della Caffarella, a due passi dai palazzi del quartiere Appio Latino, nel cuore della città, resistono ancora alcune piccole paludi.

Questi ambienti, meglio definiti come "zone umide", rappresentano l'ultimo residuo di vasti territori della valle che venivano periodicamente invasi dalle acque. Infatti la valle, favorita dal terreno argilloso e impermeabile e dalla grande ricchezza d'acqua (sono presenti oltre dieci sorgenti perenni), ha sempre avuto la tendenza ad impaludarsi fino al punto di formare vasti specchi d'acqua.

Notevoli lavori di bonifica, eseguiti fin dal tempo dei Romani per conquistare terra all'agricoltura, hanno via via ridotto questi spazi "sospesi tra terra e acqua". Ma la natura non può essere mai completamente imbrigliata. E così è bastato il parziale abbandono degli ultimi decenni per far rinascere quelle che di nuovo possiamo chiamare "zone umide della valle dell'Almone".

La principale è quella che troviamo sulla destra del lungo viale che dal casale della Vaccareccia porta a via dell'Almone attraversando la valle per tutta la sua lunghezza. Questo viale può essere raggiunto scendendo dal pianoro da cui abbiamo potuto osservare il panorama della valle ed è facilmente riconoscibile per gli imponenti bagolari che lo fiancheggiano nella prima parte.

Abbandonati i bagolari, dopo un centinaio di metri, all'altezza di una delle ex cave di pozzolana, poi ex fungaia e ora abbandonata, sgorga una limpida sorgente. Essa forma un piccolo corso d'acqua che taglia verticalmente le piroclastiti: si tratta della "marrana della Caffarella" che, assieme ad altre piccole sorgenti che nascono sulla destra orografica della valle, forma una "palude" di circa un ettaro.

zona umida
La zona umida nei pressi di via dell'Almone (autore: Claudio Cuneo)

Oggi il nome "marrana" viene usato per indicare tutti i fossi della campagna intorno a Roma, ma la marrana autentica doveva essere la cosiddetta Acqua Mariana, condotta a Roma da papa Callisto II captando le sorgenti degli antichi acquedotti dell'aqua Tepula e aqua Julia. Comunque anche il nome "Mariana" non è originale, derivando da quello più antico di un "ager maranus" che si trovava dalle parti dell'attuale Morena (ancora un altro nome con la medesima origine!).

Questa zona umida è facilmente riconoscibile per la vegetazione nettamente diversa da quella circostante. Spiccano in particolare alcuni salici (Salix alba) notevoli per dimensioni e per buona conservazione, forse proprio perché difesi dall'acqua circostante.

Ma certamente la zona può essere definita il regno delle canne (Arundo donax, Arundo pliniana).

Cannuccia
Cannuccia

Nella stagione estiva gran parte del terreno è ricoperto dalle canne che, insieme con la cannuccia di palude (Phragmites australis) e la mazza sorda (Typha latifolia), fanno sembrare quest'angolo proprio una palude che si rispetti.

Mazza sorda
Mazza sorda

Nelle parti più aperte troviamo invece un equiseto, la "coda cavallina" (Equisetum arvense, Equisetum telmateja), un nome molto esemplificativo delle caratteristiche di questa pianta erbacea, talmente ricca di silicati da essere usata nel passato per pulire le bottiglie e i vasi, similmente alla parietaria, proprio come una moderna spazzola.

equiseto
Coda cavallina (autore: Andrea Rinelli)

Osservando con attenzione troviamo gli equiseti partecipi di una associazione con altre piante meno appariscenti: il vilucchio bianco (Calystegia sepium), la capraggine (Galega officinalis), l'erba seghettata (Lycopus europaeus) e la salcerella comune (Lythrum salicaria).

Possiamo notare che in tutte queste piante le foglie, semplici o composte, sono alterne oppure opposte a due a due, raramente a tre a tre come nell'oleandro; le foglie sono invece a ciuffi di 5-6 elementi per il caglio asprello (Galium aparine), una pianta molto diffusa dal fiore bianco-giallo e poco appariscente appartenente alla famiglia delle Rubiaceae, il cui nome deriva dall'uso che ne facevano i pastori per far cagliare il latte.

Come si spiega una simile differenza? In realtà le foglie sono solo due, mentre le altre non sono altro che semplici stipole, cioè le piccole appendici che sono alla base delle foglie, e che qui hanno sviluppato una forma identica a quella delle foglie stesse. Con un po' di attenzione potremo distinguerle.

Un'altra caratteristica è che questa è una pianta lianosa (ha i peli rivolti verso il basso), e l'abbondanza di piante lianose in genere indica un clima caldo-umido o un'eredità di climi caldo-umidi; le Rubiaceae sono in effetti tipiche dei climi tropicali, e da noi il caglio asprello resta a testimonianza del clima caldo-umido del Terziario di 10 milioni di anni fa.

Accanto troviamo anche ampie distese di menta d'acqua (Mentha aquatica), il cui intenso profumo è facilmente percettibile addentrandosi nella zona: un profumo che si diffonde nell'aria. E dove l'acqua è un po' più profonda ecco la lenticchia d'acqua (Lemna minor), altra pianta erbacea tipica delle paludi con acque limpide e pulite.

Dalla primavera all'inizio dell'autunno basta avvicinarsi per sentire tutto un "fuggi fuggi" generale. Sono rane (Rana esculenta, Rana dalmatina), raganelle (Hyla intermedia) e tritoni (Triturus cristatus, Triturus carnifex), che abitano e si riproducono in queste acque.

raganella
Raganella (autore: Alberto Dominici)

Accanto ad esse non è raro incontrare anche la sfuggente natrice dal collare o biscia d'acqua (Natrix natrix) improvvisa e "terrifica" apparizione, ottima predatrice di ratti e topi.

Nelle acque ecco poi un brulicare di decine di specie di invertebrati: il "buffo" gerride (Gerris lacustris) che con le lunghe e sottilissime zampe cammina sul pelo dell'acqua senza sprofondare, la notonetta (Notonecta glauca) piccolo ma terribile predatore, le fameliche larve delle delicate libellule appese sotto il pelo dell'acqua, e poi zanzare, moscerini e chironomidi (quelli comunemente chiamati zanzaroni). Insomma una vera e propria tavola imbandita per gli uccelli insettivori.

libellula
Libellula (autore: Arnaldo Molinari)

Un ambiente di questo tipo non poteva infatti passare inosservato alle tante specie di uccelli legati più o meno strettamente agli ambienti acquatici; soprattutto a quelle migratrici che nei loro lunghi voli tra Africa e Nord Europa trovano sempre meno zone umide dove poter fare sosta e nidificare.

Non è quindi difficile osservare o almeno ascoltare il canto dell'usignolo di fiume (Cettia cetti) e del cannareccione (Acrocephalus arundinaceus), tutti tipici abitanti del canneto dove nascondono i loro nidi saldamente ancorati a 3-4 canne e molto simili ad una grossa tazza.

Altro visitatore, più che abitante, di questa zona è la ballerina bianca (Motacilla alba). Agilissimo volatore riesce, grazie alla lunga coda bianca e nera, a compiere difficili evoluzioni, ferma a mezz'aria facendo muovere vorticosamente le ali.

Eccola radente le acque alla ricerca di cibo, insaziabile insettivoro la troviamo anche zampettante (proprio come una ballerina) sulle strade trafficate mentre muovendo ritmicamente la coda va alla ricerca degli insetti uccisi dalle auto in corsa. Oppure addirittura, come avviene in Caffarella, aggrappata alla schiena di una pecora o di una mucca di cui mangia i parassiti.

La scena è molto bella, quasi africana (alcuni uccelli di quel continente hanno un tale comportamento): la pecora e la mucca fanno da tranquille "portaerei" su cui arriva, gradito ospite, la leggiadra e utile ballerina.

Tra i giunchi, gli equiseti e le acque più basse è stato visto alzarsi rapido ed improvviso, col suo tipico volo zigzagante, il mimetico beccaccino (Gallinago gallinago).

Nelle acque non pulitissime della marrana della Caffarella, grazie al meccanismo di autodepurazione del corso d'acqua, resiste la nera gallinella d'acqua (Gallinula chloropus). La si può distinguere dalla simile folaga (Fulica atra), che passa talvolta per la Caffarella, per la minore dimensione, per il becco giallo e la placca frontale color rosso acceso.


Adesso se vuoi puoi tornare all'introduzione.

Oppure puoi proseguire la visita con il VII capitolo.


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copyright COMITATO PER IL PARCO DELLA CAFFARELLA, 25 agosto 2003