Convegno

La valle della Caffarella: dalla ricerca alla gestione (3 giugno 1995)

Relazione del prof. Fulvio Beato

Dipartimento di Sociologia Università di Roma "La Sapienza"

Debbo dire che dal passato milionario del collega prof. Parotto, al passato millenario invece del prof. Quilici, con la Sociologia azzeriamo il passato pur non dimenticandocene, per analizzare il presente.

La Sociologia è scienza della società così come essa si mostra nel presente.

Non farò discorsi accademici ma devo dire che la Sociologia dell'ambiente è una disciplina giovanissima: le scienze naturali dell'ambiente hanno già una loro età (penso all'ecologia che ha avuto una sua fondazione nel secolo scorso), viceversa tutte le scienze sociali dell'ambiente (l'economia dell'ambiente, la psicologia dell'ambiente, si sta costituendo una storiografia dell'ambiente) sono moderne, e si costituiscono perché si è alterato, si è rotto un equilibrio tra la società e il sistema naturale.

Alcuni storici dicono cbe gli ultimi trent'anni di questo secolo saranno ricordati come l'emergenza di una preoccupazione nuova per l'umanità: la rottura degli equilibri ambientali.

L'uomo poi, e ci avviciniamo ai discorsi che faceva il prof. Parotto, è un fattore di mutamento biologico, e ne è a sua volta condizionato, e sotto il nostro paesaggio c'è una storia millenaria.

L'uomo per la prima volta legge queste relazioni, vede, frequenta, si mette in connessione con la natura, e con la sua faccia di rischio e di pericolo.

Questa è la novità storica, che appunto si chiama un elemento ambientale globale.

L'uomo, che ha sempre temuto la natura mentre cercava di soggiogarla, oggi ha di fronte un rischio nuovo, che dipende dalla trasformazione umana della natura.

Questa è preoccupazione anche politica: in tutto il mondo sono state elaborate e si vanno elaborando politiche pubbliche dell'ambiente e questo dimostra che le società moderne hanno ormai riconosciuto il pericolo.

L'ambiente è degradato, l'uomo ha un comportamento distruttivo, la cultura e la società occidentale è tutta antropocentrica, basata sull'uomo e quindi sull'uomo dominatore degli assetti naturali di cui pur vive e di cui ha bisogno.

E alterare gli assetti naturali del cosiddetto contesto biofisico significa anche alterare in certo qual senso la nostra convivenza sociale: pensate al rischio ambientale, pensate al moderno rischio tecnologico.

Fra le politiche pubbliche che sono emerse negli stati moderni c'è anche la politica della conservazione, dei parchi, ma qui con una grande specificità.

Io qui chiudo la parte introduttiva per andare subito a questo semplice ma significativo esercizio sociologico che è stato svolto, ci tengo a dirlo, con la sociologa Tiziana Piersimoni dell'Ufficio Tutela Ambiente del Comune di Roma, che ha organizzato la ricerca; io ho contribuito in minima parte, insieme al Dipartimento di Sociologia, che era già aperto a queste tematiche perché stiamo svolgendo delle ricerche sui parchi nazionali italiani (in particolar modo sul parco nazionale dei monti Sibillini e del Pollino).

Subito emerge una radicale differenziazione fra i grandi parchi nazionali e questo parco. Non dico niente di nuovo, siete Romani, già i colleghi che mi hanno preceduto lo hanno segnalato.

I parchi degli Stati Uniti d'America sono, per così dire, quasi totalmente "natura", come molti nostri parchi regionali (anche se in Italia la cosa è diversa). Il parco dell'Appia, in cui questa fetta si inserisce, è pieno di cultura: questa è la specificità e la grande occasione per tutto il mondo civile, qui c'è storia della natura, storia della società, storia della cultura.

E questa io credo che dovrebbe essere anche una grande opportunità per il Giubileo.

Roma fra le sue grandezze potrebbe dimostrare al mondo una ripresa della cultura del territorio e dell'ambiente (e avvalersene anche in termini economici), dopo, lasciatemelo dire, decenni di distruzione smodata, incivile, che ci segnala come coloro che hanno rinunciato al loro ambiente naturale e ai retaggi anche storico archeologici, che sono una fonte di cultura per il mondo intero.

L'indagine, devo dirlo solo in due parole, è stata realizzata scientificamente. Quindi non ci confondete con questa innovazione dei mezzi di comunicazione di massa che, con sondaggi spesso fatti da professionisti poco seri, hanno un po' rovinato la sociologia.

Questa è una ricerca sociologica, con un buon, ottimo campionamento, con una buona, ottima realizzazione; abbiamo voluto sondare un'opinione, e io, da ricercatore, non dirò che questa è l'opinione degli abitanti dell'area che circonda il parco, ma affermo che c'è un'alta probabilità che i risultati rispecchino l'opinione degli intervistati.

La prima cosa che devo segnalare è (prima tabella) che l'area funge già da parco, pur non avendone i crismi giuridici.

Sì, l'ho visitata35,2%
Sì, ne ho una conoscenza parziale49,9%
No, non l'ho mai vista14,9%
Totale100,0%

Tabella 1: Intervistati secondo il grado di conoscenza dell'area del Parco (N=377)

La popolazione intevistata conosce e frequenta il parco; ecco questo è un dato: è frequentato, in misura che adesso non posso approfondire, comunque chi ne ha una conoscenza parziale, l'ha frequentato e visitato è più dell'87% degli intervistati.

Quindi questa volta l'istituzione del parco non cade dall'alto, come dicono sempre per i parchi nazionali. Qui la gente ha mostrato quella che noi chiamiamo domanda sociale d'ambiente, che ha preceduto l'istituzione del parco.

Quali attività vengono svolte in questa frequentazione?

1. Passeggio35,3%
2. Faccio footing12,8%
3. Visito le aree archeologiche12,3%
4. Accompagno i bambini9,5%
5. Porto il cane7,8%
6. Incontro amici, partner, ecc.7,1%
7. Acquisto prodotti agricoli5,7%
8. Raccolgo piante medicinali o alimentari3,6%
8. Raccolgo acqua alle sorgenti3,4%
8. Faccio il pic-nic2,6%
Totale100,0%

Tabella 2: Intervistati secondo le attività svolte nell'area del Parco (N=377)

Più del 50% (chi progetta la gestione del parco dovrà tenerne conto) sono le attività fisiche (passeggio e footing), ma anche "visito le aree archeologiche", che è la terza opzione.

Questo è molto importante: l'esercizio, la motricità, la cura di sé (del resto viviamo in una società che ci fissa sulle nostre sedie nei nostri posti di lavoro), ma uno passeggia e contemporaneamente visita le aree archeologiche.

Tra gli interventi ritenuti di maggior interesse ancora ritorna: "ripristino e valorizzazione delle aree archeologiche esistenti": (21%); "creazione di strutture per la manutenzione e la vigilanza": 20%.

1. Ripristino e valorizzazione delle aree archeologiche esistenti21,3%
2. Creazione di strutture per la manutenzione e la vigilanza20,2%
3. Tutela e riqualificazione della vegetazione esistente16,5%
4. Creazione di attrezzature per la sosta dei visitatori13,1%
5. Salvaguardia dell'habitat per tutelare la fauna presente12,0%
6. Miglioramenti del sistema della viabilità e degli accessi al Parco10,7%
7. Non risponde6,2%
Totale100,0%

Tabella 3: Interventi nel Parco della Caffarella ritenuti di maggiore interesse (N=377)

Nei parchi di tutto il mondo si stanno studiando, elaborando politiche dei rischi; il professor Parotto parlava prima di rischi geologici, di caverne che sono un elemento rischioso; ma quando la gente chiede vigilanza, c'è anche il rischio che noi chiamiamo sociale.

Nelle grandi città viviamo nella paura, ma in tutto il mondo occidentale anche visitare un parco è rischioso, soprattutto per le donne. E' fondamentale che si possa andare in un parco e non si venga aggrediti dai cani, da soggetti violenti. Il comune garantisca questo aspetto, che è vivissimo nelle persone. Questo della vigilanza è un fatto importantissimo: non c'è parco in cui questo problema del rischio fisico e sociale non venga sottolineato.

La quarta tabella riguarda le aspettative degli intervistati sui servizi.

1. Percorsi storico artistici, archeologici e geologici20,4%
2. Percorsi naturalistici per l'educazione ambientale17,5%
3. Attrezzature e servizi per il gioco dei bambini11,4%
4. Attrezzature e servizi per le attività sportive10,8%
5. Pista ciclabile9,3%
6. Spazi per orti per gli anziani del quartiere7,4%
7. Spazi per mostre, esposizioni e spettacoli6,3%
8. Biblioteca e centro culturale5,0%
9. Punti di ristoro4,2%
10. Non risponde7,7%
Totale100,0%

Tabella 4: Servizi del Parco più rispondenti alle aspettative degli intervistati (N=377)

"Percorsi storico artistici, archeologici e geologici": 20%

Ancora una volta questa domanda sta al culmine, in una città che ha bisogno di natura viva forse più di altre città italiane. A Roma non c'è ricerca sociologica, non c'è indagine (l'ultima quella dell'Unione degli industriali) nella quale la gente non dica: "ciò che ci soffoca sono il traffico e l'inquinamento", proprio come quando Francesco Rutelli fu eletto sindaco e fu svolta l'indagine "cosa chiedereste al Sindaco?".

Roma è eccessivamente antropizzata, e io mi aspettavo, da sociologo dell'ambiente, che ci fosse una esplicita, tremenda, massiva domanda di naturalità, perché viviamo in una città che ha rescisso i nostri legami con la natura. Invece abbiamo una richiesta di fruizione dei beni archeologici culturali.

Questo è molto importante: emerge una doppia domanda.

Nel lavoro di indagine che proseguiremo ci sforzeremo di interpretare i dati (i calcolatori ci consentono di elaborare delle tipologie raffinatissime); non posso dare risposte preventive, ma dico che c'è un tipo di fruitore, che chiamerei archeonaturalista, duplice portatore di domande: natura e cultura.

Questo punto deve essere valorizzato al massimo nella gestione del parco, deve essere una doppia anima che integra segni umani e segni naturali, anch'essi del resto prodotti dall'uomo.

Vediamo un secondo grande risultato; evidentemente, quando dico grande non lo dico dal punto di vista etico o politico: per un analista empirico un grande risultato una variabile che discrimina fortemente, un dato che emerge fortemente dal punto di vista quantitativo (ed anche poi dal punto di vista sociale).

Sto lavorando su un filone della sociologia dell'ambiente che studia i movimenti ambientalisti e il consenso che hanno nella società (italiana, europea, mondiale); i movimenti ambientalisti, come movimenti politici, vogliono trasformare la società e avvicinarla alla natura.

1. Sì, senza riserve44,0%
2. Sì, a determinate condizioni39,7%
3. Incerto12,5%
4. Contrario3,2%
5. Non risponde0,6%
Totale100,0%

Tabella 5: Intervistati secondo l'opinione relativa al grado di coinvolgimento delle associazioni di base ed ambientaliste nella gestione del Parco della Caffarella (N=377)

Vediamo l'opinione degli intervistati relativamente al grado di coinvolgimento delle associazioni di base ed ambientaliste nella gestione del parco della Caffarella. Sì senza riserve: 44%; sì a determinate condizioni: un altro 40%. Quindi l'84% dei rispondenti pone fiducia nelle associazioni di base per la gestione del parco.

Conoscendo la accettazione sociale del movimento verde in Italia e in Europa non mi aspettavo questa risposta, in un certo senso eclatante, e direi che è un successo di questo Comitato.

Probabilmente nei paesi europei e anche in Italia il partito verde assieme ai movimenti verdi sono in una fase di stallo.

L'ambientalismo è stato ed è una grande innovazione, e un tema nuovo è stato segnalato alla società; eppure coloro che espressamente si dichiarano ambientalisti sono una fascia molto bassa. Le nostre ricerche ci dicono che è un fenomeno urbano.

Sta emergendo però un altro fatto, quello che io chiamo ambientalismo di base, in cui cittadini normali, non ideologizzati alla cultura e all'etica verde, crescono e si organizzano per difendersi su monotemi.

Recentemente, nel corso di un'indagine in Umbria sul rischio tecnologico ambientale, abbiamo trovato organizzazioni ambientaliste nelle campagne: la gente, di fronte a pericoli o minacce per l'ambiente, si auto-organizza!

La mia interpretazione è che il successo del Comitato e dei gruppi che hanno radici in quest'area della città è dato da questo fenomeno.

Avere radici significa che hanno operato, sono riconoscibili, non stanno lontani nelle televisioni o nel sistema dei partiti. E' un movimento ambientalista di base mirato sul parco della Caffarella, tema vicino alle popolazioni e che quindi le popolazioni oggi riconoscono.

Io do molta credibilità alle opinioni che emergono da questa indagine, perché i colleghi sociologi del Comune di Roma, con il mio modesto contributo, hanno elaborato con una seria metodologia scientifica.

Certo che passare dalla ricerca alla proposizione politica, alla legislazione e infine alla reale vita del parco è una autentica tragedia, e debbo notare questo fatto.

La conservazione della natura, che comprende parchi nazionali, regionali e altre forme di aree protette, in Italia ha raggiunto uno stato avanzatissimo: l'altro giorno il Governo ha approvato con una norma legislativa altri cinque grandi parchi nazionali, quindi il territorio protetto in Italia è un ragguardevole 10%.

La tragedia è però che questi sono parchi di carta, magari addirittura definiti nelle carte geografiche, eppure (tranne i cinque parchi nazionali storici) non esistono.

Io ho approfondito il parco nazionale dei Sibillini e il parco del Pollino: non esistono.

Questo è il punto, evidentemente sia politico che etico, che con termine tecnico i politologi chiamano "implementation": l'attuazione delle politiche pubbliche.

Dare realizzazione pratica ai parchi: l'arch. Mirella Di Giovine affronterà proprio questo problema.

Realizzazione pratica significa anche far vedere i disegni perché ciò incoraggia la gente. Poi far vedere qualcosa che funziona: un luogo dove si riceve, i segnali, i sentieri; tutto questo incoraggia i fruitori, ed è un segnale positivo che bisogna dare.

Questa indagine conferma quanto detto con il risultato della fiducia, per la gestione del parco, accordata al gruppo che ha sempre animato e promosso il parco.

Concludo che il grande compito che abbiamo tutti è stabilire una forma di comunicazione, anche fra noi ricercatori, ma ecco, oltre alla ricerca, il punto è che dalla decisione si passi alla attuazione del parco, con tutte le sue forme gestionali.

Vi ringrazio molto.



Per commenti e osservazioni potete contattarci via e-mail c/o:
comitato@caffarella.it

A cura di Mario Leigheb:

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copyright COMITATO PER IL PARCO DELLA CAFFARELLA 4 agosto 1998