La via Appia Antica da Cecilia Metella a via di Tor Carbone

  1. Dalla torre di Capo di Bove al forte Appio
  2. Il lastricato
  3. Dal forte Appio alla tomba di Seneca
  4. I casali e il paesaggio
  5. Il IV miglio
  6. Il sepolcro del fregio dorico
  7. La tomba di Ilario Fusco
  8. Tomba di Claudio Secondino
  9. Colombario con statua acefala
  10. Il sepolcro di Quinto Apuleio
  11. Il sepolcro a tempietto
  12. La tomba dei Rabiri
  13. Tomba dei Festoni e tomba del Frontespizio

Dalla torre di Capo di Bove al forte Appio

Proseguendo, oltre i muri e le recinzioni delle ville costruite negli anni '50, si scorge a sinistra il grande mausoleo detto Torre di Capo di Bove; è un grosso parallelepipedo in calcestruzzo, nel quale si riconoscono sia alcuni blocchi di travertino che facevano parte del rivestimento, sia gli strati corrispondenti alle diverse fasi di costruzione. Sulla facciata una targa di marmo ricorda la misurazione trigonometrica fatta da padre Angelo Secchi nel 1855, che nel 1871 servirà per verificare la rete geodetica italiana.

Sotto i nostri piedi, nascosto dal selciato che corrisponde alla quota seicentesca della strada, il basolato della via Appia ha una larghezza di 4,10 metri, mentre le crepidini sono larghe 3,10 metri su ciascun lato.

Circa 200 metri più avanti incontriamo a destra (n.c. 230) i resti di due sepolcri a torre. Dopo altri cento metri, sulla sinistra una villa (n.c. 197) incorpora il nucleo quadrilatero di un altro mausoleo.

Approfondisci:
l'architettura funeraria romana

Il lastricato

Proprio qui i lavori del Giubileo hanno ripristinato le macère, ripulito le crepidini e riportato alla luce il basolato della via Appia Antica, che fino all'estate 1999 era nascosto sotto l'asfalto a una profondità di circa 60 cm.


Il basolato della via Appia Antica al IV miglio

La via Appia aveva una larghezza nella sede carraia lastricata di 4,10 metri, che corrisponde a questa bella sistemazione in sampietrini; la misura diventerà canonica per tutte le strade consolari, la Flaminia, la Cassia, la Clodia. I tratti basolati superstiti sono pochissimi poiché il basolato è stato disselciato per essere usato come materiale da costruzione.

Approfondisci:
la tecnica costruttiva di una strada romana

A entrambi i lati c'erano i marciapiedi larghi 3 metri, con i quali la strada antica raggiunge una larghezza di poco superiore ai 10 metri. I marciapiedi erano in genere in terra battuta e quindi non si sono conservati, e oggi vi è cresciuta l'erba; tuttavia in alcuni tratti, davanti a un sepolcro importante, il proprietario ha lastricato il marciapiede per renderlo più monumentale, così si conserva ancora oggi.

Approfondisci:
l'aspetto di una strada romana

A sinistra, uno spazio verde di proprietà privata è stato affittato dall'Ente Parco regionale dell'Appia Antica e sistemato nel 2001 a "giardino romano", con alberi e arbusti scelti tra le specie utilizzate nell'antichità. L'area, bonificata dalle piante infestanti conservando però le specie autoctone più importanti, è stata arricchita di nuove specie individuate sulla base di studi storici:

Al centro la fossa che una volta ospitava una cava oggi è circondata da un vecchio boschetto di lecci (Quercus ilex), olmi (Ulmus minor) e qualche robinia (Robinia pseudoacacia). Frammenti di pietra lavica servono a rendere più gradevole la sosta; tavoli, panchine e bagni chimici non sono stati collocati per il parere contrario della Soprintendenza Archeologica di Roma.

A sinistra si vede il torso in calcestruzzo di un altro enorme mausoleo.

Dal forte Appio alla tomba di Seneca

Il Casale Torlonia (numero civico 240) ha sulla facciata sia lo stemma della famiglia Torlonia, sia una targa che ricorda in latino gli esperimenti con il telegrafo tra questo luogo e Terracina condotti alla presenza di Pio IX.

Di qui la via corre finalmente libera e fiancheggiata da pini e cipressi con numerosi resti di tombe ora più facilmente accessibili.


Il casale Torlonia e un rudere sul lato opposto

Il cancello e il reticolato di filo spinato sulla sinistra racchiudono l'ex Forte Appio, una volta destinato ad alloggio per i generali della N.A.T.O. in appoggio all'aeroporto di Ciampino, ma oggi inutilizzato. Il Parco regionale dell'Appia Antica sta interessando il Ministero della Difesa per destinare l'area e gli edifici a servizi del Parco.


La via Appia Antica di fronte all'ingresso del Forte Appio

Accanto al cancello di ingresso (n.c. 258) un grande mausoleo parallelepipedo in calcestruzzo ha alla base i calchi in gesso di una statua e vari pezzi antichi, i cui originali sono stati messi al sicuro dalla Soprintendenza Archeologica di Roma.


Mausoleo con vari pezzi antichi accanto all'ingresso del Forte Appio

Si susseguono poi sulla destra vari resti di tombe, blocchi parallelepipedi di tufo, massi di calcestruzzo, mentre sulla sinistra troviamo, discosto dalla strada, un colombario ben conservato (ma purtroppo esculso dai recenti restauri) coperto da un corpo moderno. L'ingresso è dal lato opposto alla strada; qui una scala chiusa da un cancello arrugginito porta alla camera funeraria, in fondo alla quale si vede un arcosolio. Alle pareti si riconoscono nicchie su più file e tracce di pitture floreali. Seguono poi le tracce di altri sepolcri.


I resti di sepolcri all'altezza del Forte Appio

A destra è scomparsa un'epigrafe che ricordava un Gneo Bebio Tampilo, e subito dopo due iscrizioni commemorano una certa famiglia Turrania.


Monumento della famiglia Turrania


Particolare dell'iscrizione

Sempre a destra un altorilievo marmoreo raffigura un personaggio in nudità "eroica", con tanto di clamide sulla spalla e corazza ai piedi; ovviamente è un calco in gesso, lasciato dalla Soprintendenza Archeologica di Roma al posto dell'originale, portato al Museo Nazionale Romano per motivi di sicurezza.

Poco più avanti, dallo stesso lato ma all'interno della recinzione del Forte Appio, un gran mausoleo è sormontato dai resti di una torre.


L'altorilievo con dietro il mausoleo sormontato da una torre

Approfondisci:
la feudalizzazione della Campagna Romana

Poco oltre, a sinistra, incontriamo il primo monumento ricostruito da Antonio Canova nel 1808; su un pilastro di mattoni è murata l'epigrafe della tomba di Marco Servilio Quarto («M.SERVILIVS QVARTVS / DE SVA PECVNIA FECIT»), insieme con i frammenti e i reperti trovati sul posto. Di fronte si succedono un mausoleo in calcestruzzo, un rudere irriconoscibile e un mausoleo a torre con un cilindro in cima.


Mausoleo a torre

A sinistra un altro pilastro moderno, in laterizio, è detto Tomba di Seneca in ricordo della villa al IV miglio della via Appia nella quale Nerone lo fece raggiungere dall'ordine di uccidersi. Il monumento commemorativo raccoglieva frammenti marmorei recuperati nei paraggi e ora tutti asportati tranne un pezzo di testa di leone. Qui era la colonnina del IV miglio.


La via Appia Antica al IV miglio

I casali e il paesaggio

Lungo la via Appia, così come lungo la via Latina e le altre vie romane che raggiungono terre anche molto lontane, oltre ai numerosi edifici funerari furono collocati, inframmezzandosi a questi oppure con la fronte più arretrata, templi e boschi sacri, singole abitazioni e osterie, archi onorari, alberghi e impianti termali, tabernae, deversoria e hospitalia ad uso del viaggiatore. La presenza di una fitta edilizia su entrambi i lati della strada contribuì all'urbanizzazione della campagna delle regioni attraversate, creando un tipico paesaggio agricolo e pastorizio che ora possiamo soffermarci ad ammirare.

Approfondisci:
l'organizzazione stradale romana

Dietro, distanziate tra loro, sorgevano le grandi ville suburbane, insediamenti a volte di estensione tale da ospitare uffici pubblici, santuari, stazioni di polizia, e tutta la zona attorno alla città di Roma, diciamo per un raggio di 50 km, era soggetta a coltivazioni selezionate e intensive. In età imperiale Roma raggiungeva una popolazione probabilmente superiore a 1 milione e 200.000 persone, quindi il rifornire una popolazione così numerosa è sempre stato uno dei problemi principali dell'organizzazione di qualsiasi città. Ora i prodotti che si conservano a lungo, come l'olio e il grano, venivano dall'Egitto, dalla Sicilia, dal Nord Africa; al contrario frutta fresca, insalata, verdure, che sono prodotti che non si conservano, dovevano arrivare dal produttore il più rapidamente possibile al consumatore.

Ecco dunque che tutta la zona intorno a Roma era sfruttata intensivamente per gli ortaggi e i frutteti: i prodotti dovevano essere colti la sera o la notte addirittura e portati al mercato la mattina, quindi questi erano terreni preziosissimi per questo mercato.

La campagna romana, disseminata di casali, risorsa millenaria di derrate alimentari per la città di Roma, è stata celebrata dai pittori e dai poeti del Settecento e dell'Ottocento; questo paesaggio è ormai scomparso tranne che in rare eccezioni: percorrendo la via Appia Antica ancora oggi può capitare di imbatterci in un gregge, come era nella vecchia tradizione della campagna romana.


Un gregge sulla via Appia Antica

Pensate che all'epoca in cui Pio IX inaugurava la via restaurata, era vietato transitare con le mandrie o i greggi di giorno, per non disturbare la dignità della strada antica.


Il casale Viola

Appena oltrepassato il Forte Appio, un vicolo sulla destra si inoltra in questo paesaggio. In mezzo ai campi troviamo il casale Viola con un curioso fontanone.


Il fontanone

Quindi incontriamo il casale contrassegnato con il n. 607 nella Carta dell'Agro.


Il casale C.d.A. n. 607

Segue il casale contrassegnato con il n. 611 nella Carta dell'Agro.


Il casale C.d.A. n. 611

Infine eccoci al casale contrassegnato con il n. 637 nella Carta dell'Agro.


Il casale C.d.A. n. 637

Il IV miglio

Segue un mausoleo rotondo con basamento quadrato, che per fortuna impedisce la vista del cancello della residenza dell'Ambasciatore del Paraguay. La sede stradale lastricata è 4,30 metri, mentre le crepidini, misurate partendo dal ciglio del marciapiede fino alla fronte del recinto sepolcrale (a sinistra) o alla fronte del mausoleo (a destra), sono larghe entrambe 3,10 metri. Subito dopo la fine del tratto del basolato antico, un sepolcro a camera ha il nucleo interno in opera quadrata.

Il pilastro moderno che incontriamo dopo il n.c. 201 è conosciuto come la Tomba dei figli del liberto Sesto Pompeo Giusto, grazie alla grande epigrafe in versi. Dalla parete sono stati asportati molti frammenti architettonici che vi erano murati; restano, oltre all'epigrafe, un frammento di sarcofago bisomo con la raffigurazione dei coniugi. Ai piedi del pilastro è stata sistemata una panca con alcuni blocchi di peperino. La recinzione di bandoni della villa retrostante mostra il cattivo gusto del ricco proprietario.

Più avanti (siamo a circa 500 metri da Forte Appio) sorgono, dal lato sinistro e arretrati rispetto alla strada, i ruderi di un grande monumento in laterizio su podio e con absidi su tre lati, attribuibili ad un Tempio di Giove.

Di fronte, via dei Lugari (n.c. 286) interseca la grande villa di Marmenia, una nobile matrona romana del tempo di Marco Aurelio. Sul lato destro di via dei Lugari l'Ente Parco regionale dell'Appia Antica ha condotto uno scavo che ha ripulito un rudere caratterizzato da fasi edilizie diversissime.

Osservando dall'alto verso il basso vediamo innanzitutto la parte più recente (forse di età rinascimentale, dato che sono stati trovati frammenti di coccio di tale periodo), un fienile oppure una stalla, in cui venne reimpiegato il travertino trovato qua e là e con un pavimento in sampietrini. Al di sotto troviamo una diversa destinazione, forse di tipo residenziale: l'ambiente era diviso a metà, il pavimento ha frammenti di opus sectile marmoreum di età antonina-severiana, e l'intonaco porta tracce di pittura di età tardo imperiale.

Ancora più sotto è venuta alla luce la cisterna, di fine età repubblicana, costruita in calcestruzzo di selce ricoperto in opera reticolata di selce; una fodera di coccio pisto (il pavimento termina con un cordolo per evitare l'angolo morto che poteva lesionare la struttura) serviva ad impermeabilizzare le pareti; ad un angolo una fossa raggiungeva probabilmente la falda acquifera.


Gli scavi di via dei Lugari

In effetti i terreni lungo questo primo tratto della via Appia Antica erano molto ambiti nell'antichità, sia per esigenze funerarie, sia per motivi economici. Durante l'Impero il suburbio romano, e specialmente questa parte a sud di Roma, divenne decisamente un'area a vocazione produttiva; molte ville erano contemporaneamente aziende agricole, e servivano la città di frutta, ortaggi e fiori, con vendite quotidiane secondo un uso che prosegue ancora oggi in alcuni mercati rionali.

All'esterno della costruzione, il lato verso la via Appia ha due muri paralleli che erano forse un corridoio (tracce di intonaco affrescato potrebbero risalire al IV stile pompeiano), mentre nel lato opposto è venuta alla luce una fistula di piombo alla parete e un canale sotterraneo in peperino sormontato da un canale in coccio, con ai lati dei contrafforti che dovevano rendere più stabile la cisterna; dal lato verso via dei Lugari una piattaforma contiene delle pignatte di alleggerimento, e termina con delle olle cementate che sembrano più legate ad una zona sepolcrale.

Purtroppo la maggior parte dei ritrovamenti è oggi invisibile perché ricoperta.

Oltrepassata via dei Lugari, se ci affacciamo oltre le macère, tra gli alberi intravediamo, all'interno di una ricca villa privata, il sepolcro di S. Urbano, del tipo a tempietto con gradinata frontale e pronao colonnato sulla facciata, in opera laterizia della fine del II sec. d.C.; vi sarebbe stato sepolto papa Urbano, successore di Callisto.


Il sepolcro di S. Urbano al IV miglio

Dietro al sepolcro affiorano i resti della villa, che aveva un atrio, un grande peristilio colonnato, vari appartamenti, ambienti termali con spogliatoi, frigidarium, tepidarium e calidarium, e infine vari ambienti che testimoniano la fede cristiana della proprietaria. Purtroppo il complesso è inaccessibile, e dietro le macere, lì dove doveva passare una strada di collegamento tra la villa antica e la via Appia Antica, ora ci sono le piastrelle in finto opus reticulatum di una piscina.

Approfondisci:
la villa suburbana

Qui siamo tra il IV e il V miglio della via Appia, tratto tra i meglio conservati, caratterizzato da queste macère, i muretti a secco che vediamo su entrambi i lati per difendere la proprietà demaniale da quella privata.


Le macère ai lati della via

L'attuale stato di molte tombe è però il risultato dell'intervento proposto nella seconda metà dell'ottocento a Pio IX da Canina e Canova. Ai nostri giorni, rilievi e statue antiche sono stati sostituiti con copie e calchi.

Approfondisci:
la sistemazione ottocentesca della via Appia

Incontriamo, sul lato destro, la Tomba di Caio Licinio, dall'epigrafe murata sul nucleo in calcestruzzo; accanto ad essa c'erano una volta i tronconi di due statue, entrambe rubate negli anni '70.


La Tomba di Caio Licinio

Il sepolcro del fregio dorico

Qui vediamo un rudere che non ha un'attribuzione perché manca l'iscrizione; anche questo, che fu ricostruito dal Canina, è interessante per la decorazione a metope e biglifi scolpita sul peperino, e si data alla fine dell'età repubblicana; si tratta di un tipo di sepolcro ad ara che ebbe molta diffusione tra la fine della repubblica e l'inizio dell'impero. Al centro un frammento di lastra scolpita rappresenta forse una scena di combattimento.


Il sepolcro del fregio dorico

In questo come negli altri monumenti la ricostruzione fu condotta con criteri innovativi per l'epoca: quando il monumento si conservava abbastanza, si interveniva anche per ridargli, suggerire la forma che aveva in antico, riassemblando per quanto possibile le parti architettoniche.

La tomba di Ilario Fusco

Questo monumento lo possiamo finalmente attribuire, per la presenza dell'epigrafe (scomparsa tra il 1978 e il 1998), a Ilario Fusco; al centro si vede una parte decorata a rilievo con cinque ritratti di defunti, un genere abbastanza consueto nei monumenti funerari romani della fine dell'età repubblicana o dei primi decenni dell'Impero, che altro non è che un modo per essere ricordati. I ritratti erano magari solo abbozzati nel momento in cui la lastra era acquistata, e venivano rifiniti successivamente mano a mano che la tomba veniva occupata. Questo rilievo, cosė come molte altre di queste strutture, è però un calco: gli originali sono stati portati, a causa dei furti, al Museo Nazionale Romano durante gli anni '70.


La tomba di Ilario Fusco

Oltre incontriamo vari tipi di monumento funerario: qui a destra abbiamo due interessanti sepolcri uno dietro l'altro. Del primo, che affaccia sulla strada, si vede solo la piattaforma rettangolare, mentre del secondo possiamo osservare l'interno dall'ingresso che affaccia sul lato opposto alla strada. Si tratta di un bel colombario coperto con volta a botte, il cui pavimento è un mosaico di tessere bianche, e con le pareti traforate da nicchie che contenevano le olle cinerarie. La forma del colombario, rettangolare all'esterno, assomiglia internamente ad un'ogiva.


Il colombario dopo via dei Lugari

Subito dopo incontriamo quella che doveva essere una tomba famigliare, la cui camera funeraria, di forma rettangolare, ha le pareti traforate da nicchie che contenevano le olle cinerarie; in effetti lungo la via Appia Antica ci sono numerosi colombari anche di grosse dimensioni, che spesso erano dei cimiteri costruiti in cooperativa, come ad esempio il colombario all'interno del sepolcro degli Scipioni, il colombario dei Liberti di Augusto, ecc.

Una caratteristica insolita è la porta della camera funeraria che si affaccia sulla strada; qui infatti la protezione dal traffico era garantita dal prolungamento delle pareti laterali che creano una struttura in antis, e in basso una delle pareti mostra una soglia di travertino che doveva appartenere ad una porta posta lateralmente.

Approfondisci:
il rapporto dei Romani con la morte

Approfondisci:
l'architettura funeraria romana

Tomba di Claudio Secondino

La maggior parte dei sepolcri era limitata al nucleo in calcestruzzo, con frammenti di paramento abbandonati qua e là.

Anche questo monumento è il risultato delle ricostruzioni fatte eseguire dal Canina, e lo attribuiamo alla famiglia di Tiberio Claudio Secondino per l'iscrizione. Si tratta di una tomba famigliare della fine del I sec. d.C. nella quale furono sepolti il capo famiglia (esattore di banca, copista e messo), la moglie e due figli; il Canina aveva previsto una ricostruzione con questi due altari che sovrastano il nucleo in cementizio che lui riveste con un basamento murario e gli attribuisce tutti questi elementi scultorei e architettonici.

Al di sopra c'erano due cippi per l'inserimento delle ceneri dentro il cippo. Il cippo è in genere una tomba singola con l'iscrizione davanti e una parte cava nella quale era collocata l'urna.

Nel corso degli scavi sono state ritrovate qui delle tombe, una bisoma e una a inumazione ma con la presenza di una semicappuccina addossata al nucleo cementizio, "semi" perché non c'era lo spigolo ma erano solo delle lastre appoggiate per proteggere da pioggia e umidità. Non sono state ancora datate.

Dal lato opposto è stato indagato il livello originario, con un buco nel quale gli archeologi si sono calati; il sepolcro probabilmente è stato scavato da clandestini.

Sepolcro laterizio con statua acefala

L'aspetto più evidente delle rimanenze archeologiche della via Appia Antica è senz'altro rappresentato dalle diverse tipologie di monumenti funerari. Qui vediamo un sepolcro laterizio che una volta aveva una statua acefala al centro del lato di fondo. L'aspetto della strada era molto vario, e la compresenza di vita e morte fa sì che da una parte ci siano le tombe, e dall'altra le ville.

Approfondisci:
il rapporto dei Romani con la morte

Il sepolcro di Quinto Apuleio

Negli interventi ottocenteschi un altro modo per intervenire era quello di costruire dei muri magari con materiali di reimpiego, e poi attaccarci i pezzi architettonici e scultorei rinvenuti in zona. Si vedono bene le tracce dei furti compiuti.

Subito dopo a destra c'è la tomba di Quinto Apuleio, con un pezzo dell'iscrizione e un grosso frammento di lacunare fiorito in travertino che apparteneva ad un soffitto, poi una grata che chiude l'ingresso di una camera funeraria seminterrata, e un torso di statua; siamo arrivati così all'incrocio con via degli Eugenii.

Il sepolcro a tempietto

La grande costruzione che vediamo a destra è un altro tipo di edificio funerario, abbastanza ben conservato nella parte posteriore (è stato restaurato intorno al 1970), tipico per un rito di sepoltura a inumazione. Le conoscenze sul monumento sono limitate, poiché mancano fonti e studi specifici al riguardo; tuttavia, se osserviamo con attenzione riconosciamo un sepolcro laterizio a tempietto, tipico del periodo dell'imperatore Antonino Pio (metà del II sec. d.C.): "laterizio" per via dei paramenti laterizi che ricoprono le pareti esterne, e "a tempietto" per la sua tipica forma a pianta rettangolare, con un alto podio e con la camera sopraelevata alla quale si accedeva tramite la scalinata davanti a noi.

Nell'aula superiore, coperta con una grande volta a botte e con nicchie per le statue funerarie, si celebravano i riti relativi alla sepoltura.

La camera funeraria, particolarmente ben conservata, è coperta con una volta a botte e con tre arcosoli alle pareti che dovevano accogliere i sarcofagi, e si raggiungeva attraverso una porta nel lato posteriore ora murata.

Il monumento sfrutta per effetto estetico la bicromia del cotto, destinando il colore giallo agli elementi portanti e il colore rosso alle pareti di chiusura; i mattoni sono legati da sottili strati di malta; anche la decorazione, con le cornici delle finestrelle, la trabeazione, il timpano su mensole che corona i lati brevi, le paraste con basi e capitelli che sottolineano gli angoli ecc., è interamente in laterizio. La successione lesena - capitello - trabeazione è simile a quella del sepolcro Barberini nel Parco archeologico della via Latina o del sepolcro di Annia Regilla in Caffarella, ma le soluzioni decorative semplificate adottate qui (le superfici sono appena aggettanti) risultano meno raffinate.

Per aumentare lo spazio per le sepolture si sfruttò anche lo spazio sotto il podio, internamente cavo; a questo scopo i gradini della scalinata invadono il fianco della volta dello spazio sottostante. La soluzione comporta però la riduzione dello spazio tra la gradinata e l'aula superiore, per cui probabilmente la facciata non accoglieva colonne.

Per raggiungere l'ingresso evidentemente doveva esistere una strada in direzione nord est / sud ovest perpendicolare alla via Appia Antica. Ciò non ci stupisce: la via Appia doveva essere percorsa da una rete di viabilità secondaria, stradine e diverticoli, alcuni in basolato e altri in terra battuta. D'altra parte la stessa via Appia non è stata lastricata tutta insieme, ma per interventi successivi: nella prima fase solo la prima parte fu lastricata con questo materiale, il basolato, proveniente dai Colli Albani.

Approfondisci:
l'origine, la storia e il percorso della via Appia

La tomba dei Rabiri

Come si vede dalla iscrizione, abbiamo qui due liberti della gens Rabiria, raffigurati in questo ritratto probabilmente della fine del I sec. a.C. La cosa interessante è che successivamente, forse nel I sec. d.C., la parte centrale viene scalpellata o aggiunta e compare quest'altro personaggio, Ursia Prima, che si definisce come sacerdotessa di Iside; sono scolpiti anche gli "strumenti di lavoro": il piattello a coppa e il sistro (uno strumento musicale). Siamo quindi di fronte a un caso di riutilizzo di un monumento funerario.

Tomba dei Festoni e tomba del Frontespizio

Osserviamo le prossime tre tombe sulla destra.

La prima è il nucleo in calcestruzzo di un sepolcro di tipo abbastanza comune, un mausoleo a torre che si appoggia su un arco.

La seconda, detta tomba dei Festoni, è del tipo ad ara ed è ornata da un fregio in rilievo in peperino che mostra dei putti che sorreggono dei festoni; è di età tardo-repubblicana, quindi è una delle prime rappresentazioni di questo genere stilistico, che si diffonderà in età imperiale. Per terra un blocco di peperino ricorda i liberti A. Emilius Alexsa, A. Emilius Philusa e M. Clodius Philostorgo.

La terza, appoggiata ad un alto nucleo in selce, è stata ricostruita da Luigi Canina sistemando in forma di quinta scenografica, dal gusto un po' barocco, alcune sculture trovate nei pressi; essa è chiamata tomba del Frontespizio dal rilievo di quattro busti, della fine del I sec. d.C..

Approfondisci:
la sistemazione ottocentesca della via Appia

E' un tipo di ritratto come ne abbiamo già visti, ma che ha la particolarità di avere al centro due personaggi, un uomo e una donna, che si stringono la mano; questo serve ad indicare lo stato civile dei due coniugi. Ai lati si vedono due personaggi maschili più giovani, presumibilmente i figli. Sono però tutte copie, solo il timpano è originale; la causa è stata il saccheggio sistematico che ha subito la strada, di cui abbiamo un altro esempio in quella tomba davanti a noi, che in basso ha un pilastrino in muratura, e in quella tomba più lontana, di cui si vede un pilastrino con un zoccolo in basso; lì c'erano due statue di marmo intere che sono state spostate e messe a decoro dell'ingresso di una di queste ville, dalla quale una scultura è stata poi rubata. Sia il sepolcro a torre che la tomba del Frontespizio si appoggiano a pilastri di sostegno, che nella concezione del Canina dovevano essere evidenti perché si capisse che non erano parte della struttura antica. Accanto, per terra, un'iscrizione ricorda un certo Antiochus.

La Soprintendenza Archeologica, quando è intervenuta a partire dagli anni '70, portò via le ultime cose rimaste, che ora sono al Museo Nazionale delle Terme, lasciando dei calchi.

Sul lato sinistro troviamo il torsolo in calcestruzzo e scaglie di tufo di un sepolcro a pilastro. Segue un sepolcro laterizio il cui interno è foderato in cotto policromo, mentre di fronte rimane la base di rivestimento in blocchi di peperino di un sepolcro a pilastro riferibile al II-I sec. a.C.. Ancora più avanti, alla sinistra si vedono le pareti di un sepolcro laterizio e di fronte, in fondo, un muro in opera reticolata. Sotto i nostri piedi è stato osservata nel 1979 la strada antica; qui il basolato è largo 4,10 metri, mentre i marciapiedi, misurati dal ciclio stradale fino alla fronte dei sepolcri, sono larchi 3,10 metri su ciascun lato; è interessante che i marciapiedi sono costruiti su robuste fondamenta di blocchi di tufo con in mezzo terra battuta e scaglie di selce.

Presso il bivio con la via Erode Attico, alla sinistra si vedono le fondamenta di un colombario laterizio con camera funeraria ipogea, e di fronte un'iscrizione S.A.F. Infine, sulla destra, un ultimo torso di calcestruzzo.

A sinistra, poco lontano dalla strada, sorge una tomba quadrangolare in forma di arco quadrifronte. Dopo il quadrivio con le vie Erode Attico e di Tor Carbone, i resti delle tombe, per circa 200 metri si fanno assai poco consistenti.

Adesso se vuoi puoi tornare ai monumenti del terzo miglio della via Appia Antica.

Oppure puoi proseguire la visita lungo un altro tra i più suggestivi tratti della via Appia con il quinto miglio.


Per commenti e osservazioni potete contattarci via e-mail c/o:
caffarella@romacivica.net

Per tornare alla home page:
Notizie su Municipio Roma IX, Caffarella, Appia Antica e Tang. Est


copyright COMITATO PER IL PARCO DELLA CAFFARELLA 2 agosto 1999