La Caffarella racconta la storia geologica di Roma
La Valle della Caffarella è un bell’esempio di ciò che ancora resta di quella “Roma sparita” sotto colate di cemento e asfalto. Qui infatti si può ancora vedere una parte della storia geologica che ha caratterizzato Roma e che è bene illustrata dalle tavole che il prof. Maurizio Parotto ha voluto gentilmente donare al Comitato e che fanno bella mostra di sé presso il casale Vigna Cardinali.
Il fiume Almone, scendendo dai Colli Albani con un percorso complessivo di 21 km e una pendenza media del 4,8%, incide i depositi piroclastici del complesso dei Colli Albani, di recente inserito nei dieci vulcani attivi d’Italia e definito dai geologi col termine di Vulcano Laziale
Figura 1
Questi depositi piroclastici sono i prodotti di una serie di attività fortemente esplosive prevalenti di un vulcano di notevole grandezza (si consideri che aveva un diametro di base di 60 km e che emise, nel corso della sua lunga attività, circa 150 km3 di materiali). Le esplosioni proiettarono fino ad un’altezza di 10-15 km un’emulsione di gas e polveri con una temperatura iniziale di poco inferiore ai 1000 °C. Quando la spinta iniziale dei gas ebbe termine, questa fitta nube collassò e precipitò sui fianchi del vulcano sotto forma di fango densissimo a una temperatura di poche centinaia di gradi inferiore rispetto a quella di emissione (400-500°C), ma pur sempre in grado di cancellare all’istante qualsiasi forma di vita (confronta in bibliografia di Comitato Accettella et alii, 2002). Queste piroclastici si depositarono sopra le precedenti rocce depositatesi sia in ambienti marini (numero 9 di Figura 1) che continentali, contribuendo, insieme ai prodotti vulcanici dei Monti Sabatini, a sbarrare il corso del Tevere.
Diverse furono queste emissioni, meglio note come ignimbriti o nubi ardenti (si confronti sempre in bibliografia di Comitato Accettella et alii, 2013); raffreddandosi, si trasformarono in rocce più o meno compatte a seconda della maggiore o minore presenza d’acqua: ecco quindi quelli che solitamente indichiamo col termine di tufi e pozzolane (a cui, come vedremo nelle righe seguenti, i geologi attribuiscono nomi differenti), entrambi ampiamente utilizzati come materiali da costruzione.
I fiumi che si impostarono sui fianchi del vulcano, scendendo a raggiera dalla sommità, incisero queste rocce piroclastiche; tale incisione fu più o meno profonda a seconda del loro livello di base: durante la glaciazione Würm (iniziata 110.000 anni fa e terminata circa 10.000 anni or sono) il livello di base dei fiumi era molto più in basso dell’attuale.
Pertanto anche l’Almone, come tutti i fiumi, incise un profondo canyon, che si riempì poi dei sedimenti alluvionali durante la successiva fase interglaciale, quando, a seguito dello scioglimento dei ghiacciai, il livello del mare (e quindi il livello di base del fiume) salì di circa 120 m. In quest’ultima fase, il fiume, nella sua parte terminale, ha ampliato la valle erodendone i versanti e costituendo i cosiddetti terrazzi alluvionali, di cui la Valle della Caffarella è uno splendido esempio (confronta lo schema geologico nella figura 2).
FIGURA 2. Sezione geologica del bacino idrografico del fiume Almone visto dalla valle della Caffarella
Legenda che consente di comprendere la storia geologica (tratta da Funiciello et alii, I sette colli di Roma, guida geologica ad una Roma mai vista, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2006):
MV Argille marine impermeabili (depositi marini).
PT Accumulo di depositi fluviali successivi al ritiro del mare.
T Deposizione della coltre di pozzolane.
al Depositi fluviali. Il fiume Almone, scendendo dai Colli Albani, incide le pozzolane (erosione accentuata
in epoca glaciale in seguito all’abbassamento del livello del mare). Dopo la risalita del livello marino, la valle è via via colmata dai depositi fluviali.
Si osservi come il fiume stia oggi erodendo lentamente il suo piccolo alveo nell’antica pianura alluvionale.MV
La presenza di questi depositi alluvionali, prevalentemente di tipo argilloso, determina la formazione di sorgenti alla base della valle. Il fiume sta oggi erodendo lentamente il suo piccolo alveo nell’antica pianura alluvionale a seguito del sollevamento dell’Appennino.
Lasciamo al prof. Maurizio Parotto la descrizione sulla geologia della Caffarella che fece nel testo Il Sacro Almone da fiume a discarica (confronta Accettella et alii, 2013).
La Valle della Caffarella conserva, perciò, le testimonianze evidenti di una buona parte della storia del vulcano dei Colli Albani, come si può vedere con l’aiuto di una sezione geologica di dettaglio costruita attraverso la valle, all’altezza della Fonte dell’Acqua Santa (figura 3). Immaginiamo di seguire in superficie la traccia della sezione,dalla Via Appia Antica in direzione NE (si veda la carta geologica in figura 4).
Poco dopo la partenza si sale una modesta scarpata e si comincia a camminare sulla superficie della grande colata di lava grigia (indicata con il numero 2 nella sezione geologica), ricca di cristalli biancastri di leucite (un silicato di potassio), che è fuoriuscita circa 280 000 anni fa da grandi fessure e che si può risalire oggi dal suo fronte, presso la tomba di Cecilia Metella, fino alle Frattocchie, per oltre 10 kilometri. Il materiale della colata, molto resistente all’erosione, forma una lunga striscia rilevata, sulla quale corre la Via Appia Antica.
Riprendendo a seguire la sezione, con una modesta scarpata si scende sui terreni sottostanti la colata, che formano i versanti di una piccola vallecola, superata la quale si scende nella Valle dell’Almone vera e propria, con il suo fondo pianeggiante formato da alluvioni (numero 1 nella sezione). Tutti i terreni attraversati in questo tratto, in strati orizzontali, appaiono di natura simile e sono ben noti come pozzolane.
Sono rocce di origine vulcanica, depositate da ignimbriti (o “nubi ardenti”) prodotte da grandi esplosioni magmatiche che hanno fatto accumulare lapilli e ceneri, a volte con abbondanti scorie. I primi metri sotto la colata di lava sono note come Pozzolanelle (numero 3), emesse circa 360 000 anni fa; al di sotto affiorano invece le Pozzolane nere (numero 4), eruttate 410 000 anni fa, caratterizzate da tipiche grosse scorie scure (si confronti anche figura 5). Nella vallecola, le alluvioni sul fondo impediscono di vedere terreni più antichi, ma se si scende nella Valle dell’Almone, più profondamente incisa, sotto le Pozzolane nere si vedono affiorare le Pozzolane rosse (numero 5), emesse quasi 460 000 anni fa. Se si attraversa la valle e si risale il versante opposto, si incontra nuovamente la serie delle pozzolane e si arriva sul ripiano su cui è avanzata la città, formato nella parte più alta dalle Pozzolanelle. La Valle della Caffarella ha riportato alla luce quasi 500 000 anni di storia dell’antico vulcano e ne mette in mostra le testimonianze lungo i suoi versanti, come in un museo all’aperto.
Nella sezione geologica di figura 3, costruita con dati osservati in zone vicine, più profondamente erose, e ricavati da sondaggi, compaiono anche altri terreni, che formano il substrato delle pozzolane. Sono stati riconosciuti i Tufi stratificati varicolori di Sacrofano (numero 6), ancora accumulo di lapilli e cineriti, ma provenienti dal grande distretto vulcanico dei Sabatini, a nord di Roma; più in basso si incontra invece la base su cui si sono appoggiati localmente i materiali vulcanici, formata da sedimenti fluviali (conglomerati, sabbie e limi) della Formazione di S.
Cecilia (7) e di depositi litorali (argille e sabbie) della formazione di Ponte Galeria (8), testimonianze dell’ambiente che ha preceduto il vulcanismo laziale. Infine, ancora più in profondità, si incontrano sabbie argillose e argille (9), ampiamente diffuse sotto tutta la città, con spessori anche di centinaia di metri, che ci riportano al tempo in cui il mare arrivava a lambire l’Appennino.
FIGURA 3. Sezione geologica attraverso la Valle della Caffarella (per l’ubicazione, si veda la Figura 3).
LEGENDA: 1. Depositi alluvionali dei corsi d’acqua attuali. 2. Colata di lava. 3. Pozzolanelle. 4. Pozzolane nere. 5. Pozzolane rosse. (Rocce da 2 a 5: prodotti del distretto vulcanico dei Colli Albani). 6. Tufi stratificati varicolori di Sacrofano (prodotti dal distretto vulcanico dei Sabatini). 7. Formazione di S. Cecilia. 8. Formazione di Ponte Galeria. 9. Formazione delle marne vaticane. (Per gentile concessione di M. Parotto)
FIGURA 4. Carta geologica dell’area della Valle della Caffarella stralcio scala 1:50 000. Giordano et alii, 2010 (La linea A-B indica la traccia della sezione geologica della Figura 3). Il disegno di Figura 4 consente di sintetizzare quanto abbiamo detto più specificatamente in precedenza ed inoltre ci ricorda che il bacino dell’Almone è chiuso ad sudovest da una colata di lava leucititica emessa dal Vulcano Laziale circa 280 000 anni fa, segno che l’attività di questo apparato fu mista e quindi anche di tipo effusivo. Alla base della tomba di Cecilia Metella è visibile questa colata lavica (si confrontino le Figure 2-3- 4), ampiamente usata dagli antichi Romani sia per realizzare i basoli con cui hanno pavimentato la Via Appia Antica, sia come solido substrato sopra cui costruirci il primo tratto dell’antica via consolare.
FIGURA 5: Le pozzolanelle in alto e, subito al di sotto le pozzolane nere